“Oggi è sciopero generale unitario. Ha aderito il sindacalismo di base e coinvolgerà le lavoratrici e i lavoratori sia del settore pubblico che di quello privato. Si tratta del primo sciopero ad essere stato indetto da quando si è insediato il nuovo Governo di centrodestra che sotto il profilo dell’economia, dell’energia, della guerra e di moltissimi altri temi è in totale continuità con quello precedente. Si tratta di uno sciopero contro i padroni e il perseguimento del profitto a scapito della sicurezza e dei diritti. Si tratta di uno sciopero anche per il settore pubblico dove le direzioni scimmiottano i padroni, non rinnovano i contratti, ledono diritti. E poi è anche sciopero contro la politica sociale ed economica del governo Meloni che ha appena presentato una manovra economica che procede nel solco delle politiche economiche messe in campo dai passati governi e in particolare dal governo Draghi. È una manovra pensata più per accontentare la Commissione Europea che per tenere in considerazione la grave situazione economica in cui versano le famiglie italiane: il pesante attacco ai salari e agli stipendi delle lavoratrici e dei lavoratori non trova alcuna risposta, così come non ne trova la richiesta di aumentare in modo sostanzioso le pensioni minime e di adeguare tutte le altre al reale costo della vita. Ridicolo, poi, in tema pensionistico lo slittamento continuo verso le misure della Fornero, a parole superate e in realtà non messe seriamente in discussione.
Tutto ci divide da queste politiche, di cui non possiamo condividere né l’approccio bellicista né la resa all’inflazione. Né la rinuncia alle rinnovabili in tema di energie per scodinzolare dietro alla lobby del fossile potrà giovare alla popolazione oltre che all’ambiente. Non è trasformando l’Italia in una penisola di rigassificatori che si ridurranno le bollette ma è certa l’identità di chi vedrà gonfiarsi il portafoglio. Una politica economica e sociale che conferma l’asse padronale del governo Draghi: il pedissequo rispetto dei saldi imposto dall’Europa; il sostegno alla produttività totale dei fattori e quella delle aziende; gli interventi per questo o quel settore imprenditoriale. I 35 miliardi della manovra continuano a non intervenire su sanità, scuola e servizi sociali (confermando le politiche di austerità nonostante la pandemia, anzi aggravandole nel quadro di un’inflazione oltre il 10%). Venti su 35 miliardi si concentrano sulle bollette, andando però soprattutto incontro alle imprese (oltre 9 miliardi). Si introducono politiche a favore di professionisti e commercianti (i 5mila euro di contante, la flat tax al 15% sino a 85mila euro; l’esenzione sul POS sino a 60 euro). Si aumenta la precarietà, reintroducendo i voucher nella totale assenza di diritti e tutele. Si prosegue a non sostenere i salari, non prevedendo risorse per i contratti pubblici scaduti da un anno e prorogando la decontribuzione del 2%, a spese però di una stretta sul Reddito di cittadinanza che preannuncia la sua sostanziale abrogazione. Si accelera e radicalizza l’autonomia differenziata, prevedendo la realizzazione dei LEP anche per via commissariale entro un anno, e quindi portando a compimento quella subordinazione dei diritti sociali alle logiche di austerità inscritte nella riforma del Titolo V con la definizione del costo e del fabbisogno standard. Una manovra contro il lavoro e le classi subalterne.
Oggi lo sciopero a livello regionale vedrà un corteo a Bologna con partenza alle 10.00 da Piazza XX Settembre. Domani, sabato, in ideale continuità, si svolgerà a Roma la manifestazione nazionale “Giù le armi, su i salari!” alle 14.00 in Piazza della Repubblica.
Come Ravenna in Comune esprimiamo solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori oggi in sciopero e vicinanza a chi potrà essere questa mattina a Bologna e domani a Roma. A differenza di forze politiche, come il PD, impegnate in improbabili esercizi di equilibrio tra le richieste dei padroni e le istanze rappresentate dal movimento sindacale, Ravenna in Comune non ha mai fatto mistero di essere di parte. Dalla parte di chi lavora, dalla parte di chi cerca lavoro, dalla parte di chi studia, dalla parte di chi è in pensione o dovrebbe esserci. Giù le armi, su i salari!”