“Il sentimento di impotenza rispetto a quanto accade a Gaza e in Palestina è sempre più forte. Si susseguono dati, testimonianze, rivelazioni che documentano in maniera inconfutabile il deliberato genocidio messo in atto dallo Stato Israeliano nei confronti alla popolazione palestinese. A questo fine è del tutto ininfluente l’ostinazione con cui viene negato l’impiego del termine da parte dei governanti occidentali. La sostanza non cambia.
Più di 38mila vite palestinesi sono state rubate al loro corso naturale e più di 87mila corpi di uomini, donne e bambini palestinesi hanno subito violenze di ogni tipo in conseguenza delle deliberate azioni israeliane. Metà della vegetazione di Gaza è stata annientata. Metà degli edifici non c’è più. Il sistema sanitario, idrico, fognario, energetico, alimentare, scolastico, giornalistico, di sicurezza è stato eliminato sia nelle strutture che nelle persone che li costituivano. Oltre 14mila bambini sono morti ed altri 21mila risultano dispersi. Tutte le donne che partoriscono non hanno cibo a sufficienza né per loro né per i loro bambini. Il livello di bombardamenti su Gaza è superiore ad ogni altro. Fame e malattia imperversano su una popolazione in fuga. E potremmo continuare.
Le organizzazioni internazionali appositamente create perché simili situazioni non avvengano o, comunque, siano prontamente arrestate perseguendo i responsabili non sono fatte funzionare. Gli Stati Uniti consentono che lo Stato di Israele continui il massacro senza riguardo al diritto internazionale. Peggio ancora: armano lo Stato di Israele perché porti a termine il massacro. In Italia nessuna azione per fermare Israele è portata avanti da Governo e Parlamento. Si continuano anzi ad inviare armi in violazione della Costituzione. Le proteste sono zittite. Le manifestazioni di solidarietà ai palestinesi sono additate come vicinanza al terrorismo e l’opposizione alla violenza israeliana è etichettata come antisemitismo.
Questo non significa che arrendersi ad un’ingiustizia e ad una violenza impari sia l’unica opzione. Come Ravenna in Comune abbiamo continuato a sollecitare alla partecipazione alle manifestazioni che continuano a svolgersi sul territorio, abbiamo direttamente preso parte alle mille iniziative che ostinatamente urlano la verità in faccia all’indifferenza del potere, abbiamo organizzato nell’ambito del coordinamento per una libera informazione una importante opera di divulgazione per controbilanciare la distorsione mediatica di quanto avviene a Gaza, abbiamo aderito e promosso l’adesione a tutto quanto di non violento costituisce resistenza alla violenza sionista, occupazioni delle strutture scolastiche e universitarie incluse.
Una delle forme più efficaci è il boicottaggio. Ha mille sfaccettature. Va dalle pressioni perché vengano meno le collaborazioni di ogni tipo con organizzazioni israeliane, alle richieste perché non si stipulino o vengano fatti decadere contratti con soggetti israeliani, a specifiche campagne per arrestare il traffico d’armi, eccetera. Una delle più importanti è il boicottaggio economico. Lo propone la Campagna Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese (BDS) identificando prodotti e produttori su cui concentrare le azioni in modo da aumentarne visibilità e rilevanza. A Ravenna è stato il Coordinamento Palestina LibeRA ad organizzare importanti iniziative in questo senso rendendo evidenti le più subdole infiltrazioni del potere economico filo israeliano tra cultura e impresa: teatri, farmacie, aziende.
Oggi segnaliamo l’iniziativa di un gruppo organizzato di socie e soci di Coop Alleanza 3.0, la cooperativa di consumatori che gestisce una importante rete di supermercati ed ipermercati fortemente presente a Ravenna. La richiesta è quella di interrompere con urgenza la commercializzazione di prodotti israeliani finché Israele non rispetterà i diritti umani e il diritto internazionale. Viene precisato che «Non si tratta di una richiesta di boicottaggio, che pure è uno strumento legittimo di lotta non violenta, come insegna l’esperienza del Sud Africa durante la lotta all’apartheid, e prima ancora, quella di Gandhi nell’India colonizzata dagli inglesi: la legittima richiesta dei soci è stata quella di chiedere l’applicazione del Codice Etico, secondo il quale COOP “esige dai propri fornitori di prodotti e servizi, il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente e privilegia le aziende che si dimostrano particolarmente sensibili a questi temi (art. 5.3)”. Non basta infatti la libera scelta del consumatore: è necessaria anche una assunzione di responsabilità civile da parte della COOP, che peraltro è sempre stata un tratto costitutivo e distintivo della cooperazione rispetto ad altre forme di impresa. Altrimenti, in nome della libertà di scelta, ci si potrebbe aspettare in futuro di trovare sui banchi COOP prodotti di aziende che sfruttano il lavoro minorile, o si basano sul caporalato o su pratiche discriminatorie. È vero che tra i soci e le socie COOP possono esserci valori, opinioni e sensibilità differenti: ma rimane da chiedersi quali siano i valori della COOP se non sa fare oggi una scelta netta di fronte al genocidio, al colonialismo e all’occupazione».
Coop Alleanza 3.0 ha precisato che sui propri scaffali sarebbero presenti prodotti derivanti da collaborazione israelo-palestinese, come i datteri provenienti da Gerico che, peraltro, osserviamo noi, si trova nella Cisgiordania occupata militarmente ed illegittimamente da Israele. Indubbiamente ve ne sono comunque altri di produttori israeliani (ad es. avocado e arachidi) per i quali nessuna informazione è reperibile da parte dei consumatori circa il rispetto dei valori assunti da Coop nel proprio Codice Etico. Certo come sia possibile, in linea generale, asserire che in Israele e nei territori occupati da questo sia possibile garantire “il pieno rispetto delle normative sul lavoro, dei diritti umani, della salvaguardia dell’ambiente” essendo in vigore un regime di apartheid, di violenza generalizzata e, al momento, un genocidio in atto, è veramente arduo capire.
Ravenna in Comune invita a firmare a questo link le socie e i soci di Coop Alleanza 3.0 che condividono la necessità di agire dal basso per fermare il genocidio palestinese che invece i governi occidentali direttamente o indirettamente sostengono: https://forms.gle/v2AdDG88uigc8BRX6″
Ravenna in Comune