“Nel dopo alluvione dei giorni scorsi, a nuovo disastro scampato per un soffio, siamo stati “inondati” di immagini di fiumi ingombri di vegetazione e di mezzi in azione per rimuoverla. Sembrano fatte apposta per suscitare l’indignazione verso il nuovo colpevole a cui indirizzare la giusta rabbia della popolazione. Si diffondono così in questi giorni gli allarmi per gli alberi e le piante che “ingombrano” alvei e argini mettendo i fiumi a rischio esondazione. Sembrano già lontani i giorni in cui l’ira veniva pilotata verso nutrie e istrici, volpi e tassi, tutti responsabili della riduzione a groviera degli argini. Eppure non si contavano le ospitate dell’allora Sindaco di Ravenna nei salotti televisivi a raccontare come fosse stato minacciato di morte dai feroci ambientalisti mentre cercava di salvare vite umane estinguendo intere specie fossorie. Le reiterate comparsate hanno contribuito alla sua notorietà e alla diffusione del suo nome in tutta l’Emilia-Romagna giusto in tempo per il lancio della sua candidatura a Presidente della Regione. Esaurito lo scopo si è spenta da sola anche la storiella per cui si sarebbe trattato di scegliere tra la salvaguardia della civiltà umana ed il via libera all’invasione della Romagna da parte delle nutrie. Ora, dunque, è il turno degli alberi.
Ma il problema sono gli alberi o sono piuttosto le conseguenze di una manutenzione sbagliata? Domandavamo già in tempi non sospetti («Alluvioni, cercare i responsabili è produttivo!», 29 gennaio 2025): “cosa vuol dire «pulire i fiumi»? Affidare l’incarico con aste al ribasso a chi conta di andare in attivo cedendo il materiale ricavato alle centrali a biomasse è stata una politica lungimirante? O ha comportato quanto abbiamo visto: nessun intervento selettivo e tabula rasa a lunga distanza di tempo con abbandono dei materiali lungo gli alvei per l’impossibilità delle centrali di riceverlo e dei tagliatori di stoccarlo altrove. Materiale pronto per finire ad intasare le luci sotto i ponti ferroviari, magari…”.
Questo legname, ricavato dall’asportazione sistematica di ogni pianta, senza distinguere tra tronchi secchi in mezzo ai corsi d’acqua e alberi vivi che con le loro radici contribuiscono alla tenuta degli argini, abbandonato sulle rive è stato trasportato e riunito in masse compatte dalla forza della corrente. Basta guardare a cosa si è accumulato a fine piena per rendersi conto che non si trattava di piante vive strappate dalla loro sede ma del materiale legnoso depositato a fine lavori di cosiddetta “manutenzione”. Va immediatamente rimosso ma deve insegnare a non ripetere l’errore. Le manutenzioni vanno affidate agli esperti con gare che premiano la professionalità, non vanno bandite al ribasso con l’inevitabile vittoria di accumulatori seriali di cippato per le centrali a biomasse.
Per noi vale quanto già detto ripetutamente: “Ravenna in Comune, e a parlare sono gli atti ufficiali, per tutto il tempo che ha esercitato il ruolo dell’opposizione in Consiglio Comunale ha votato contro gli strumenti di bilancio proprio per la mancanza di risorse stanziate per la salvaguardia di un territorio la cui «grave criticità e fragilità» solo oggi viene ammessa. Non possiamo dunque accettare che si vada oltre senza che il PD locale e i suoi notabili ne scontino, anche politicamente, le conseguenze. Continueremo a ripeterlo sino al giorno delle elezioni: anche attribuire le corrette responsabilità per ciò che è successo e continua a succedere è «ciò di cui hanno bisogno i cittadini»!”.
De Pascale sostiene che “Le manutenzioni dei fiumi hanno dato buona prova”. Per Ravenna in Comune è più corretto dire che c’è ancora molto da lavorare e che l’ultima alluvione l’abbiamo scampata più che altro con una buona dose di fortuna. Ma non possiamo contarci sempre: le alluvioni del 2023 e del 2024 qualcosa dovrebbero pur aver insegnato! La cittadinanza ha bisogno di saziare in maniera appropriata la propria legittima fame di sicurezza. I continui tentativi di rimpinzarla di balle troveranno nelle urne l’adeguata ricompensa.”