“Sabato, prima ancora che si riunisse la direzione del suo partito, che c’è poi stata ieri, Bonaccini ha annunciato la prossima fine di quello che sarebbe comunque stato il suo ultimo mandato alla presidenza della Regione. Quando è sfumata la possibilità di un terzo, ha messo tutto il peso derivante dall’aver ereditato la corrente degli ex renziani e ha prenotato il posto di capolista nelle candidature nella lista nord-est alle prossime europee. La fine di una stagione l’ha negata come tale: «Io non me vado dall’Emilia-Romagna, da qui non me ne andrò mai, ricoprirò a tempo pieno il mio ruolo, se sarò eletto, fino alla prossima estate, fino all’ultimo giorno. Per me parlano la mia storia, la mia agenda». Più una minaccia che un addio. Speriamo piuttosto che dall’Emilia Romagna scompaia per sempre.
Vediamola dunque quella storia e quella agenda. Cosa ci lascia in eredità Bonaccini? La prima cosa che viene in mente, ovviamente, è l’alluvione. Troppo fresca e troppo devastante per essere scordata anche da una cittadinanza abituata a cancellare dalla memoria ogni brutta storia “grazie” all’apparizione della successiva, in genere peggiore. Cosa c’entra Bonaccini con l’alluvione? Proprio niente se si ascoltano lui e i capibastone romagnoli del suo partito, pur insediati nei posti giusti per essere chiamati alle loro responsabilità. Pronto (pronti) a scaricare tutto (proprio tutto) sull’eccezionalità dell’evento, sul cambiamento climatico riscoperto per l’occasione, su quella maledetta minoranza estremista ambientalista che impedirebbe… qualunque cosa sarebbe servita a ridurre il danno, sul Governo nazionale (all’epoca insediato da poco più di 6 mesi), sugli alberi, sugli animali che abbiamo imparato chiamarsi effossori…
Mancano dal lungo elenco giusto un paio di cosette tutte ascrivibili a Bonaccini e capibastone: le manutenzioni del territorio che non si sono fatte e le cementificazioni che, invece, si sono fatte, eccome! Delle manutenzioni mancate tanto si è detto e non ci torniamo se non per ricordare che riguardano (o, meglio, avrebbero dovuto riguardare) tanto il monte che la valle come ci insegnano i geologi che ben conoscono il dissesto idrogeologico frutto (anche) del decennio bonacciniano. E aggiungiamo poco anche sul consumo di suolo. Nel 2017 l’amministrazione Bonaccini ha prodotto una legge definita, «contro il consumo di suolo». L’abbiamo immediatamente tanata come vocata all’opposto: un via libera generalizzato a cementificare tutto quel che si può fin che si può. Tant’è che tra una proroga e l’altra si può ancora. E il risultato si vede, con l’Emilia Romagna al quarto posto nazionale per impermeabilizzazione del territorio. Tra i via libera mangiaterritorio ci sono quelli alle grandi opere, come a Bologna si sa bene per il passante, a Ravenna per le enormi piastre logistiche, eccetera eccetera.
La Giunta Bonaccini, poi, si è dipinta come green. Greenwashing probabilmente, ma green sicuramente no. Anzi, l’accelerazione sul gas, dai via libera alla linea Adriatica a quelli al rigassificatore di Ravenna, tanto per fare un paio di esempi, ben dovrebbero chiarire la politica portata avanti dal “governatore”. Andrebbe poi ricordato, quanto meno, che fino a che è rimasta in Giunta, la delega alla transizione ecologica l’aveva Elly Schlein…
Della sanità, ogni anno sull’orlo del baratro, parliamo troppo spesso per ritornarci sopra anche oggi. Va però almeno ricordato come la ricetta delle convenzioni con il privato non solo non abbia risolto le criticità del pubblico ma, come evidente, le abbia aggravate. Per la Romagna poi, tutta di competenza del “governatore” è stata l’implementazione del disastro Auslona, fortemente voluta dal suo predecessore (Vasco Errani, buono anche quello!).
Per l’autonomia differenziata andrebbe sottolineato (ancora una volta) che, prima, molto prima delle attuali false narrazioni di una sua presunta contrarietà, c’è stata la richiesta formale di ottenerla, portata avanti proprio da Bonaccini e formalizzata con il Governo Gentiloni. Ogni pressione fattagli perché ritirasse la firma da quell’accordo è risultata inutile.
Ci fermiamo a questi esempi (ma potremmo andare avanti a tirar fuori magagne per un bel pezzo), ricordando i suoi compagni nel disastroso viaggio che finalmente sta arrivando al capolinea. La sua maggioranza, infatti, è stata sostenuta, oltre che dal PD e dalla sua lista personale, dai Verdi e da quella lista di scopo chiamata Emilia Romagna Coraggiosa, costituita da Elly Schlein assieme agli allora fuoriusciti (dal PD) di Articolo 1 (poi riassorbiti come tutti i componenti eletti) e da Sinistra Italiana (che era in maggioranza col PD anche durante il primo mandato del “governatore”).
Concludiamo ricordando che il Sindaco di Ravenna lo ha sentitamente ringraziato. Lo ha fatto esclusivamente a nome proprio, vogliamo sperare. Ravenna, come Comune, non ha proprio nulla di cui ringraziarlo. Come Ravenna in Comune, anzi, non possiamo che rallegrarci per la fine di un ciclo. Nell’auspicio che a livello regionale possa aprirsene uno nuovo e migliore.”