«Credo che il rigassificatore sia un progetto sbagliato, in un contesto sbagliato, fatto soltanto per esigenze politiche nazionali. Non c’è nessuna buona ragione, né economica né ambientale per fare questo tipo di scelta». A dirlo è Andrea Orlando, candidato per il PD alla guida della Regione Liguria sostenuto da tutto il centrosinistra. La Regione rispetto alla quale Giovanni Toti era stato nominato commissario dal centrodestra al Governo proprio per installare un rigassificatore a Vado Ligure, spostandolo dal porto di Piombino. Quel Giovanni Toti le cui dimissioni hanno portato la Liguria ad un voto anticipato ma la cui figura commissariale non lo ha ancora visto sostituito. Aggiunge Orlando: «Non serve alla Liguria, non serve a Savona, non abbassa le bollette perché comporterebbe un aumento dei costi visto che costerebbe oltre 500 milioni lo spostamento. E se fossi eletto presidente della regione bloccherei il percorso che ha tentato di insediare il rigassificatore. Un iter che va bloccato».

La sua è una posizione estremamente popolare sul territorio, tant’è che Marco Bucci, il candidato espresso dal centrodestra che aveva nominato Toti, non ha il coraggio di esplicitare che continuerà con lo stesso progetto per il rischio concreto di perdere voti. Né nel PD la voce di Orlando è isolata, sostenuto com’è dalla responsabile ambiente nella segreteria nazionale, Annalisa Corrado, recentemente eletta al Parlamento europeo: «Il rigassificatore non deve andare a Vado Ligure, è assurdo che in un paese civile non esista uno straccio di piano industriale serio per una vera  transizione energetica e il progressivo phase-out dalle fonti fossili e che garantisca la possibilità di discutere e pianificare, con tutti i livelli istituzionali coinvolti, scelte che impattano su economia e salute dei territori. Non ha senso appiattirci così su gas naturale liquefatto e la sua rigassificazione, è una tecnologia costosa e dal prezzo molto instabile, che rischia di diventare un boomerang per le tasche dei cittadini».

Peccato che a Ravenna, invece, il PD lo veda benissimo il rigassificatore. E sul punto la stessa Corrado fa una esemplare svolta a sostegno della scelta già di Draghi e Cingolani ed ora di Meloni e Pichetto Fratin: «Il percorso in Emilia-Romagna è stato decisamente diverso, ha coinvolto tutti gli interessati. Inoltre, in quel momento occorreva rispondere in via emergenziale a un’esigenza come quella dell’uscita rapida dal gas di Putin». Sono balle, come sa chiunque ha visto le manifestazioni di opposizione a questa scelta sconsiderata, ma, del resto, a Ravenna il Sindaco uscente, Michele de Pascale, ha sempre assurdamente (nonché masochisticamente per gli interessi del Comune che amministra) appoggiato le decisioni del suo “capo”, quello Stefano Bonaccini Presidente della Regione e commissario del rigassificatore ravennate. Grazie a questo appoggio incondizionato si è guadagnato la possibilità di smollare anzi tempo la carica presso Palazzo Merlato per concorrere alla più prestigiosa (e potente) poltrona di Presidente dell’Emilia-Romagna. Né cambierà qualcosa per il futuro se masochisticamente la cittadinanza votasse il candidato del centrosinistra come nuovo Sindaco del nostro Comune, quel segretario provinciale piddino Alessandro Barattoni che ha sempre rivendicato il ruolo guida «del Partito Democratico che sostiene con grande convinzione la messa in opera dell’impianto di rigassificazione a Ravenna».

Domani celebriamo un anniversario che ormai non ricorda più nessun organo di stampa, né le Istituzioni o i Sindacati. Solo le famiglie dei 3 lavoratori morti (Arturo Biagini, 41 anni, Pietro Perri di 31 e Bernardo Gervasoni di appena 19 anni) ed i loro colleghi rammentano che il 28 settembre del 1965 ci fu l’esplosione del Paguro, una piattaforma al largo di Ravenna. Non fu un vile atto terroristico ma le conseguenze della pericolosità del gas metano, quello stesso prodotto che viene trasbordato liquefatto da metaniere prima di essere rigassificato da impianti come quello in costruzione oggi davanti a Ravenna. Un impianto dal costo ancora non completamente determinato che si sta aggirando sul miliardo e trecento milioni di euro. Si è infatti “scoperto” che non era vero, come qualcuno millantava, che Ravenna era il luogo ideale in quanto non occorreva proprio fare nulla, solo attaccare il tubo della nave perché tutto era già pronto. Invece occorrono: una nave, la BW Singapore, in allestimento a Dubai, decine di chilometri di nuove tubazioni, la ricostruzione di una piattaforma vista l’inadeguatezza del cosiddetto “Ragno”, un quantitativo terrificante di fanghi scavati, una nuova diga di calcestruzzo da un chilometro in mare aperto, e poi l’impianto a terra con altri chilometri di nuovi tubi. Questo è il rigassificatore giù tutto pronto di Ravenna! Un impianto chiaramente sovradimensionato per consentire che un’altra eventuale nave rigassificatrice possa affiancarsi alla prevista BW Singapore. Come ad esempio la Italis LNG (già Golar Tundra) qualora la Regione Liguria dovesse rifiutare il trasferimento da Piombino che dovrà intervenire entro due anni.

L’anniversario della esplosione del Paguro vuol dire ricordare che per tre mesi il gas continuò a bruciare mandando una lingua di fuoco alta fino a 60 metri, visibile dalla costa, che illuminava il mare a giorno anche di notte, mentre sul fondale l’esplosione creava un cratere profondo 33 metri. Tra i disastri solo sfiorati Ravenna rammenta anche l’esplosione in via Sant’Alberto a Ravenna del 10 settembre 2014. Fu preceduta dall’innesco di un grave incendio con fiamme altre 10 metri. Due feriti ma poteva andare molto molto peggio. Esattamente 3 mesi dopo, il 10 dicembre 2014 sempre su via Sant’Alberto, ma in località Sant’Antonio, la frazione fu svegliata all’alba da una fortissima esplosione anche in questo caso con incendio con fiamme altre sino a 30 metri. Lo scoppio interessò la centrale di smistamento del gas. Le lingue di fuoco furono visibili anche da decine di chilometri di distanza. Anche in questo caso, non ci furono morti grazie al fatto che a quell’ora (le 6 del mattino) non c’era nessuno sul luogo dell’incidente. Altrove non è andata altrettanto bene: a Viareggio il 29 giugno 2009 l’esplosione di un’unica cisterna in un convoglio ferroviario strappò 32 esistenze dalla possibilità di continuare a vivere e ne ferì gravemente altre 100. In Italia, a causa del gas metano, in soli quattro anni, tra il 2019 e il 2022 si è verificato un migliaio di incidenti conclusisi con la morte di 121 persone e 1.507 infortunati. Piero Angela non si stancava di lanciare l’allarme perché il rischio di un’esplosione di gas dovuto ad un incidente di una metaniera andava considerato come «il peggior scenario “energetico” possibile, cioè l’incidente più catastrofico immaginabile fra tutte le fonti energetiche».

Come Ravenna in Comune prendiamo spunto da questa triste memoria per mettere in guardia la cittadinanza dalla faciloneria di certa politica che a Ravenna (diversamente da altre località) è sempre pronta a sminuire i rischi industriali nonostante i 27 impianti a rischio Seveso presenti nel nostro Comune, di cui ben 24 collocati nella categoria di massimo rischio (soglia superiore), quasi tutti concentrati nell’area del porto. Non c’è nemmeno da far conto del diniego ad un secondo rigassificatore formulato dall’Amministrazione de Pascale. A cambiare idea ci vuol poco: dopo tutto la precedente Amministrazione Matteucci aveva detto di no anche al primo…”