“La guerra al caporalato in agricoltura ci appare persa in partenza. Questo è quanto risulta dalle affermazioni della ministra Calderone che ha celebrato in pompa magna quella che ha definito «la più grande operazione di vigilanza in agricoltura in un’unica giornata». In pratica si sono verificate 310 aziende agricole nella giornata del 3 luglio 2024 mettendo in campo 1.240 tra carabinieri e ispettori del lavoro. Ha dichiarato che dagli accertamenti è risultato che il 66,45% delle ispezioni ha evidenziato irregolarità di vario tipo con la conseguenza che più di un terzo delle aziende è stata sospesa dall’attività. Per quanto i controlli della ministra di mercoledì scorso abbiano riguardato solo lo 0,027% delle aziende italiane, è comunque emerso che solo un terzo di loro erano in regola!

Va considerato infatti che in Italia vi sono oltre un milione di aziende agricole (erano 1.133.023 nel 2020) delle dimensioni più varie. Nella sola Emilia-Romagna sono più di 50mila (53.753 nel 2020) le aziende ed impiegano circa 174mila lavoratori (173.712 nel 2020). Nel 2022 le aziende agricole della Provincia di Ravenna erano 6.392 ed impiegavano 16.575 addetti. Ovviamente in questi numeri non si fa riferimento alle situazioni di nero e di grigio.

Non sappiamo quale sia l’organico attuale dell’Ispettorato del Lavoro. Nel 2021 contava 13 ispettori di cui una unità di personale ispettivo tecnico. In tutto. Ossia investiti del compito di controllare tutti i settori lavorativi, dall’edilizia alla logistica, per intenderci. Ed ovviamente anche il settore agricolo. È chiaro allora che solo un numero di lavoratori impegnato nei controlli numericamente adeguato rispetto ai controllati può costituire l’indispensabile presidio per contrastare il caporalato. Ed è altrettanto chiaro che in mancanza di un organico adeguato il caporalato ha buon gioco nel divenire parte integrante del sistema agricolo anche a Ravenna, come si è più volte accertato in questi anni, in casi anche eclatanti. Lavoratori trattati come schiavi con compensi corrispondenti a pochi euro l’ora, costretti in condizioni disumane sia nei campi che negli alloggi loro riservati.

Nel 2022 l’Ispettorato del lavoro, svolgendo controlli mirati in un ampio territorio comprensivo dei Comuni di Ravenna, Faenza, Massa Lombarda, Castel Bolognese e Cotignola, aveva fatto emergere diversi casi anche da noi, evidenziando che: «Il rischio che pratiche come il caporalato, tecnicamente definito come sfruttamento illecito del lavoro, prendano piede anche sul territorio provinciale c’è ed è elevato. Qui si manifesta in maniera più occulta rispetto a quanto accade al Sud, dove si notano anche vere e proprie baraccopoli. Il caporalato “nascosto” in Romagna è fatto in prevalenza di aziende agricole fittizie: si costituiscono in tempi rapidi, senza organizzazione né rischio di impresa e spesso senza nemmeno un vero terreno da lavorare, dopodiché stipulano contratti di appalto o subappalto con altri fondi agricoli. Si tratta sostanzialmente di reclutatori di manodopera».

Nel comunicato di pochi giorni fa la ministra Calderone ha dichiarato che «l’impegno è volto a impedire che accadano nuovamente fatti gravi come quello di Latina e questo può succedere solo se abbiamo la consapevolezza del nostro ruolo, funzione e obiettivi. È importante investire su azioni di contrasto, sulla prevenzione, sulla cultura della sicurezza: tutelare gli infortunati sul lavoro ma ancora di più prevenire che gli infortuni avvengano».

Come Ravenna in Comune, alla luce dei dati sopra esposti, evidenziamo che in mancanza di un incremento degli accertamenti specificamente dedicati al settore agricolo non vi è nessuna speranza di un efficace contrasto al fenomeno. Fatti come quello di Latina sono destinati a ripetersi non per fatalità ma per le conseguenze di un consapevole disinteresse verso il fenomeno del caporalato. Nel 2020, in occasione di un altro caso di caporalato agricolo (a Bagnara di Romagna), de Pascale ebbe modo di affermare: «In merito alla deplorevole vicenda sullo sfruttamento di manodopera e caporalato, voglio dirlo chiaramente, quello che è successo è inaccettabile e il nostro territorio e la nostra comunità, che si basa soprattutto sui valori come l’accoglienza, l’equità e la sicurezza sul lavoro, non può assolutamente tollerarlo».

Se è vero che il caporalato è inaccettabile e la nostra comunità non può assolutamente tollerarlo, allora è necessario che le Istituzioni, anche a livello comunale, facciano pienamente la loro parte, innanzi tutto sollecitando un congruo adeguamento degli organici del personale preposto ai controlli. Altrimenti, come in tanti altri casi, si tratta di una falsa indignazione che dura lo spazio di un titolo sul giornale. Se quella al caporalato fosse considerata una guerra, allora andrebbe combattuta veramente”