Riporta l’Istat, in quelle che sono però ancora solo stime, che a giugno a livello nazionale non ci sarebbe stato aumento dell’inflazione rispetto a maggio. Si stima comunque un bel + 6,4% su base annua che è molto più alto per i prodotti alimentari: +11,9% per quelli c.d. lavorati e +9,6% per tutti gli altri. Secondo Coldiretti «Gli italiani hanno speso quasi 4 miliardi in più per mangiare ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate». A Ravenna i prezzi crescono molto più della media nazionale come sperimenta la cittadinanza al momento di acquistare qualunque cosa. L’ultima classifica stilata dall’Unione Nazionale Consumatori (aggiornata al mese scorso) poneva Ravenna al 7° posto tra le città più care d’Italia con una inflazione tendenziale a +8,1%, corrispondenti a quasi 2mila euro di maggior spesa aggiuntiva annua (+1.957 euro) per una famiglia tipo. Nessuno spende più di noi in Emilia-Romagna, Bologna compresa!
Oggi l’inflazione non è causata da un aumento del costo dell’energia o delle materie prime e nemmeno dal “costo del lavoro”. Le prime sono in discesa e le retribuzioni non registrano aumenti, ovvero calano in termini reali, mangiate dall’inflazione. Riportiamo ancora Coldiretti che, giustamente, indica la causa nella speculazione e porta ad esempio il «caso del riso che ha fatto registrare un aumento del 32,4% dei prezzi al consumo, mentre gli agricoltori denunciano una vera e propria speculazione con un insostenibile crollo delle quotazioni nelle campagne».
Il Governo nazionale non fa niente per fermare la speculazione e, conseguentemente, l’inflazione. Gli “esperti” si limitano a “sperare” che chi specula riduca i propri appetiti. Quanto alle nostre amministrazioni locali, per quanto di segno politico diverso da quello nazionale, danno a loro volta un contributo all’inflazione. Come Ravenna in Comune abbiamo inutilmente indicato al Sindaco l’esigenza di non aggravare la situazione aumentando i tributi locali. Il Sindaco ha fatto il contrario. IRPEF, IMU e TARI: sono tutte cresciute. Ed ora si annunciano altri aumenti. Riguardano il trasporto pubblico ravennate. E anche questa è una decisione che ricade interamente sull’Amministrazione de Pascale. L’amministratore unico dell’Agenzia di Mobilità Romagna, ex assessore comunale che deve il suo posto a de Pascale, spiega che «l’aumento è dovuto e inevitabile dal momento che il gestore chiede l’adeguamento da contratto oppure i comuni devono coprire il mancato introito». Eppure lo stesso Guerrieri è consapevole che «ora in Romagna pesa di più l’aumento su persone che hanno perso il proprio mezzo di trasporto nell’alluvione». Gli aumenti sono già stati applicati nel riminese. A Ravenna ci si attende la stangata per settembre, dopo un giro di tavolo di formalizzazione in questo mese, in risposta alla richiesta di aumento formulata da START Romagna.
Ravenna in Comune chiede al Sindaco di non aumentare anche il costo del trasporto pubblico. Ricordiamo al Sindaco che nella scorsa Consigliatura aveva assunto l’impegno nell’ambito del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile ad avviare il percorso per agguantare il risultato del trasporto pubblico gratuito ad emissioni zero. Solo a questa condizione ottenne l’assenso di Ravenna in Comune all’approvazione dello strumento di pianificazione ora in fase di aggiornamento. Un aumento andrebbe esattamente nella direzione opposta rispetto all’impegno assunto, oltre a costituire un ulteriore affronto ai redditi famigliari. Non può essere consentito a maggior ragione nel momento in cui un numero ancora incalcolabile di vetture private è stato reso inutilizzabile dall’alluvione. L’aumento dei biglietti è una decisione politica ben precisa ed una scelta che colpisce le fasce più deboli. L’unica risposta possibile alla richiesta di START Romagna, che è controllata in via maggioritaria proprio dal Comune e dalla Provincia di Ravenna tramite Ravenna Holding, deve essere NO