“Ravenna in Comune ha aderito al “Coordinamento per una Libera Informazione” che ha organizzato per domani, 22 novembre, un incontro con Alberto Bradanini che porta il titolo di uno dei suoi ultimi libri: “Cina. L’irresistibile ascesa”. L’incontro si svolgerà dalle ore 21 presso la Sala Ragazzini in Largo Firenze, a Ravenna, dietro la chiesa di San Francesco.
Alberto Bradanini è un ex-diplomatico. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Roma La Sapienza nel 1974, ha iniziato la carriera diplomatica nel 1975, ricoprendo diversi incarichi alla Farnesina e all’estero, tra cui Belgio, Venezuela e Norvegia, Nazione Unite, Cina e Iran. È attualmente Presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea e componente del Consiglio di Amministrazione di Pirelli.
Mercoledì, nell’ambito della rassegna “Una voce libera”, avremo modo di ascoltare l’evolversi della Repubblica Popolare sin dalla sua nascita nel 1949: l’eterotopia, il significato del comunismo cinese e la visione di Mao, la Rivoluzione culturale, l’avvento di Deng Xiaoping, i complessi e delicati rapporti di Xi Jinping con gli Stati Uniti.
Qui di seguito, invece, riprendiamo il discorso sulla Palestina, da noi già affrontato da ultimo nelle riflessioni di domenica scorsa che vedono molte consonanze con quanto Bradanini espone in un suo recente articolo. Di seguito ne riportiamo uno stralcio, rinviando al nostro sito per la lettura integrale:
«La religione non vi ha posto alcuno. La tragedia sofferta dal popolo ebraico nel secolo scorso per mano dei nazisti tedeschi (e non solo) resterà scolpita per sempre nella nostra memoria e nei nostri cuori. Tantomeno trova posto la nozione di etnia ebraica, anch’essa turpe manipolazione dei mestatori di un razzismo che si spera consegnato per sempre alla spazzatura della storia. Israeliani e Israele stanno dunque a designare i cittadini e lo stato da essi abitato, che persegue fini politici talvolta condivisibili, altre volte no. Quanto precede è banale, oltre che scontato, ma non si sa mai. Sono molti gli episodi di persone accusate di antisemitismo (che poi dovrebbe essere semmai antigiudaismo), per aver espresso critiche politiche allo stato di Israele.
Ora, è un’evidenza ingombrante nella sua centralità che Israele può fare ciò che vuole, senza essere importunato dalla cosiddetta comunità internazionale perché al suo fianco sono schierati, sempre e in ogni circostanza, gli Stati Uniti, i cui interessi imperiali in Medio Oriente viaggiano paralleli con quelli di Israele, o meglio perché come tali vengono incistati nell’establishment americana dalle potenti lobby israeliane, con l’Aipac in prima fila. Nessun candidato al Senato, Congresso o alla Casa Bianca può sperare di essere eletto avendo contro le lobby israeliane che negli Stati Uniti controllano una fetta rilevante dell’informazione pubblica.
In termini di psicologia politica, la libertà d’azione consentita a Israele, anche contro la legge internazionale e la morale, è figlia dell’ontologia del complesso di colpa per le sofferenze inflitte al popolo ebraico nel secolo scorso dai nazisti-tedeschi, anch’essi occidentali.
Inoltre, un’occulta assonanza accomuna la genesi auto-percepita delle due nazioni, entrambe imbevute del convincimento di fruire di uno status superiore, prescelte dalle rispettive divinità, la prima per governare un mondo inquieto, la seconda (il popolo eletto, il migliore disponibile sulla faccia della terra) per qualche incarico misterioso, mentre tutte le altre nazioni, anch’esse presumibilmente create dal medesimo dio, non meriterebbero la stessa considerazione.
Il sostegno privo di riserve a Israele da parte dei governi occidentali costituisce, come si può immaginare, il prezzo che essi sono costretti a pagare per sopravvivere, perché l’alleato imperiale non dimentica il nome di chi disobbedisce. Quanto all’Italia, relegata in un umiliante statuto di vassallaggio, meglio tacere. Nella norma, dunque.
Per Israele, invece, la partita, è certo, non si chiude qui. Dopo aver fatto i conti con il presente, in un modo tragico o ancora più tragico, dovrà tornare a guardarsi le spalle, in una spirale infinita di azioni e reazioni. Quel che resterà di Hamas al termine di questa battaglia, i suoi figli, i suoi emuli o i suoi epigoni riprenderanno la lotta, pronti a immolarsi per restituire alla Palestina la speranza di una patria. Se non vi sarà pace per la Palestina, non ve ne sarà nemmeno per Israele».
Ravenna in Comune invita a partecipare all’incontro di domani sera.