“Prima della prevista scadenza dal ruolo di Presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini ha dato le dimissioni per poter occupare il seggio da parlamentare europeo conquistato alle ultime elezioni. Passerà da 9.758 euro mensili a 10.377,43 (cifre al lordo). Vedrà un drastico calo delle responsabilità connesse alla carica e dei rischi conseguenti. Ovviamente aumenteranno i chilometri da percorrere per raggiungere il posto di lavoro. Non ci viene da far confronti con i veri pendolari per lavoro però. E tutto ciò, comunque, riguarda la sua qualità di vita. E la nostra?
Tra le note positive va innanzi tutto annoverata la conclusione anticipata della possibilità di far danni da parte dell’attuale Giunta regionale e dell’Assemblea Legislativa. Decaduta la prima e sciolta la seconda, rimangono in carica solo per garantire gli affari correnti e la gestione ordinaria dell’Ente fino allo svolgimento delle prossime elezioni regionali. In questa fase gli atti adottati dovranno rispettare i limiti dell’ordinaria amministrazione, dell’urgenza e della indifferibilità.
Di quali danni parliamo? Impossibile citarli tutti, anche perché molti sono meglio conosciuti dai territori che li hanno subiti sulla propria pelle. Guardiamoli dal punto di vista di Ravenna, allora.
Intanto va citata l’alluvione del maggio scorso, fenomeno sicuramente collegato a quel cambiamento climatico su cui da subito Bonaccini ha provato a scaricare ogni responsabilità propria. Il collegamento è reale, naturalmente. Ma le conseguenze del disastro sarebbero state infinitamente inferiori se ci fosse stata la necessaria cura dei territori in montagna e in pianura. E non intendiamo qui, naturalmente, la ridicola storiella per cui se i feroci ambientalisti non avessero impedito lo sterminio di nutrie e istrici nessun fiume sarebbe esondato. Parliamo invece della fragilità della montagna, dove le mancanze dell’Amministrazione hanno reso possibile l’attivazione di circa 400 eventi franosi. Parliamo della impermeabilizzazione della pianura trasformata in un enorme lago dall’acqua fuoriuscita da 18 fiumi perché non riusciva ad andare da nessuna parte. E dove sarebbe potuta andare, del resto? Tra il 2006 e il 2022 in Regione ci siamo “mangiati” 11mila ha di territorio vergine con conseguenze devastanti sotto il profilo di quella capacità di resistenza al cambiamento climatico risultata così inesistente alle prove del maggio dello scorso anno. La LR. 24/2017, raccontata da Bonaccini come argine al consumo di suolo, non ha arginato un bel niente. In attesa del Rapporto 2024, Ispra ha certificato il mantenimento stabile dell’Emilia-Romagna al quarto posto tra le regioni a maggior consumo di suolo del Paese. Il risultato è stabile in quanto è uguale a quello registrato già per il 2015 quando la LR. 24/2017 ancora non c’era ma Bonaccini era già Presidente regionale.
Non si può poi passar sopra allo sfacelo sanitario. In attesa di quantificare la spesa corrente per l’anno appena trascorso, i dati ufficiali della Ragioneria dello Stato denunciano una spesa passata da 8 miliardi e 644 milioni di euro nel 2014 (anno di nomina di Bonaccini) ai 10 miliardi e 363 milioni di euro del 2022. Durante la campagna elettorale per la rielezione, nel 2020, Bonaccini descriveva quella della nostra Regione come una sanità di assoluta eccellenza non solo in Italia ma nel mondo. Si trattava di una balla mondiale. Non solo tutti gli anni è a rischio la chiusura dei bilanci e il conseguente commissariamento della sanità regionale, ma i problemi che riguardano la qualità della cura e la possibilità di farvi fronte sono direttamente osservabili da chiunque sia costretto ad avvalersi delle varie Ausl e dell’Auslona Romagna in particolare. Il tentativo di rovesciare tutta la responsabilità sul sottofinanziamento operato dall’ultimo governo Meloni è una mossa da illusionista da quattro soldi. È il PD di Bonaccini (ma anche quello del suo predecessore Errani) a detenere la maggior responsabilità della deriva a cui è giunta la sanità regionale e romagnola con tagli al personale e alle risorse. È stata la scelta politica di Bonaccini di favorire la sanità privata attraverso apposite convenzioni e di integrarla nel servizio sanitario a drenare fondamentali risorse pubbliche dirottandole sul sistema delle cliniche private.
Da un punto di vista ravennate, poi, ha un particolare rilievo la vicenda del rigassificatore, per la quale Bonaccini ha preteso il ruolo di commissario, ed il via libera a tutti (e solo) gli interventi di promozione delle energie fossili. Le ricadute sul cambiamento climatico sono note e cominciano a farsi sentire e quelle sulla qualità dell’aria sono a portata di polmoni già da tempo e fanno della nostra Regione il paradiso dei tumori alle vie respiratorie.
Per farla finita (ma non perché si sia finito un elenco di orrori che potrebbe continuare) spicca la farsa dell’autonomia differenziata. L’ultimo atto di Bonaccini sintetizza benissimo il suo operato di questi anni, con l’Assemblea Legislativa che approva la richiesta di un referendum che sceglie di non abrogare la riforma Calderoli. Del resto non è mai stata messa all’ordine del giorno la proposta di legge di iniziativa popolare per ritirare la pre-intesa sottoscritta dallo stesso Bonaccini e dall’allora presidente del consiglio Gentiloni di tenore analogo a quelle di Veneto e Lombardia. Entrambe, la pre-intesa di Bonaccini e la riforma di Calderoli, si reggono su una porcheria, quella riforma dell’articolo 116 della Costituzione voluta ed ottenuta dal centrosinistra, non dal centrodestra, dei governi Prodi, D’Alema e Amato. Da lì viene quella modifica costituzionale del 2001 che ha previsto l’autonomia differenziata. E che Bonaccini continua a difendere.
Ravenna in Comune ringrazia Bonaccini per essersi levato dai piedi in anticipo anteponendo l’interesse proprio agli obblighi assunti verso chi l’aveva eletto nel gennaio 2020 (non noi!). Le due candidature che si profilano all’orizzonte per sostituirlo, Ugolini per il centrodestra e de Pascale per il centrosinistra, non appaiono portatrici di cambiamenti di politica per rimediare ad alcuno dei danni arrecati da Bonaccini e sopra evidenziati. Non c’è da stupirsene, visto che a Roma come a Bologna o a Ravenna, centrodestra e centrosinistra condividono la stessa linea politica neoliberista anche se cercano disperatamente qualche slogan a effetto per incantare un elettorato che sempre più allontanano dall’esercizio democratico del voto. Resta il fatto che della candidata Elena Ugolini si cita il ruolo di sottosegretaria di quel governo Monti campione europeo di neoliberismo militante. E del candidato Michele de Pascale si ricorda il sostegno a quell’altro campione europeo di neoliberismo rappresentato dal governo Draghi. Proprio a lui l’attuale sindaco di Ravenna si appellava amorevolmente perché continuasse nel ruolo di primo banchiere/ministro.
Aspettando con speranza che nasca una proposta alternativa a favore della popolazione prima che dei padroni, mandiamo intanto un bel salutone all’ex Presidente della Regione in partenza per Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo. E poiché il francese è lingua ufficiale delle Istituzioni europee:
Bon voyage là où tu vas. Buon viaggio dovunque tu vada. E non disturbarti a ritornare indietro.”