Anche se ci fa ribrezzo, in tutte le crisi c’è qualcuno che sogghigna. Lo abbiamo visto con i terremoti. Gente che si fregava le mani pensando alla ricostruzione. Lo abbiamo visto con la pandemia. Gente che si fregava le mani pensando alle scuse belle e pronte per il mancato rispetto dei termini negli appalti. E così via. Hanno recentemente fatto la ola gli intermediatori nelle compravendite delle introvabili mascherine, i produttori di banchi a rotelle ma anche certe grandi multinazionali farmaceutiche che ora non si rassegnano a che possa finire anche la loro lucrosissima stagione. Possono esserci morti e famiglie distrutte ma a questa gente importa solo delle loro tasche.
Anche la crisi ucraina non fa eccezione. Di cosa stia capitando adesso agli ucraini dopo l’invasione russa e cosa stesse capitando prima, durante i lunghi otto anni precedenti in cui i governanti italiani guardavano da un’altra parte, a quegli altri del Donbass, alla lobby nostrana del fossile non importa nulla. Ma anche loro e i governanti che li appoggiano sono pronti a tirar fuori qualunque patacca senza ritegno pur di agguantare il momento.
Sentiamo così di indispensabile riattivazione di centrali a carbone che, in realtà, non sono mai state disattivate. In Italia il carbone pesa energeticamente per il 6% e delle 7 centrali in funzione solo due si erano fermate per qualche giorno dopo Natale. Sentiamo anche parlare di aumento delle estrazioni di gas come se qualcuno avesse ridotto la possibilità di estrarre gas dalle piattaforme attualmente in funzione. Anche l’Angela Angelina, a due passi da Lido di Dante, continua come nulla fosse nonostante le ormai vecchie promesse di una sua chiusura. La verità è che un eventuale aumento della produzione richiederebbe l’avvio di nuovi processi estrattivi, quelli che cominciano con la ricerca prima di arrivare all’estrazione vera e propria. Anni, non i prossimi giorni di questo scampolo di inverno. Però questo non ferma i nostrani lobbisti, pronti a qualunque storiella pur di rimanere attaccati ai profittevoli incentivi che il mondo del fossile ancora garantisce.
Sentiamo raccontare la storiella del gas lasciato marcire nel sottosuolo o addirittura di averlo regalato alle nazioni al di là dell’Adriatico quando, in realtà, a queste ultime è stata proprio l’ENI a vendere molte piattaforme. E la stessa ENI trova più conveniente fare affari con l’egiziano al-Sisi o con il russo Putin che impegnarsi da noi. Altro che impegnarsi sulle rinnovabili!
Come ben noto solo le rinnovabili consentirebbero di ottenere l’indipendenza energetica e la sostenibilità del consumo in relazione ai vincoli di emissione a cui anche l’Italia si è obbligata. Ravenna in Comune chiede al Comune di non unirsi agli spacciatori di menzogne sulle disgrazie altrui. Si faccia tutto il possibile per non perdere altro tempo. Ogni giorno di ritardo sulla strada della transizione avvicina sia l’Italia che Ravenna (per tacere del pianeta) al disastro. Basta patacche. Acceleriamo immediatamente ogni possibile passo che può condurci all’autonomia e alla sostenibilità energetica.