Quando si parla di allagamenti si pensa in genere a fenomeni temporanei, dovuti ad eventi atmosferici eccezionali. Qualcosa che può accadere, anche se raramente, e quando l’evento termina, riparati i danni se ce ne sono stati, tutto torna come prima. Niente di più sbagliato. Le cooperative agricole bracciantili ravennati lanciano l’allarme sulla ingressione marina che causa danni permanenti:
«Il territorio agricolo ravennate è per buona parte molto delicato perché di origine alluvionale e spesso al di sotto del livello del mare: il problema dell’ingressione marina determina anche l’innalzarsi del cuneo salino, entrambi acuiti dall’innalzamento del mare stimato dagli esperti fino a 5 centimetri nei prossimi 10 anni. La crescita del cuneo salino è un problema devastante per le produzioni, riguarda la concentrazione di sale nei campi coltivati ed è aggravata dalla mancanza di piogge e dalle difficoltà di irrigazione, per carenza di buone acque irrigue, che altrimenti ne diluirebbero la concentrazione».
A causa delle mareggiate di novembre 2022 e dell’ultima dello scorso gennaio sono stati sommersi 106 ettari di terreni agricoli alle spalle di Casalborsetti, ma dopo che le inondazioni sono terminate non è andato tutto a posto. I danni provocati sono risultati definitivi, poiché l’acqua salata renderà i terreni inutilizzabili per anni e anni.
Dunque, smettiamo di rilassarci al pensiero che se entro la fine del secolo è atteso un innalzamento del mare davanti alle nostre coste di circa un metro e mezzo si tratta di un problema demandato a figli e nipoti (che sarebbe comunque qualcosa di cui preoccuparsi, no?). Il mare non arriverà tutto in una volta il 31 dicembre 2100. L’innalzamento è già cominciato e da noi è aggravato dall’effetto combinato dell’abbassamento del suolo. Si va dai 2/3 mm all’anno agli oltre 15 che colpiscono le aree più critiche. Conosciamo anche molto bene le cause, tra cui spicca quel macroproblema chiamato gas metano. Immesso in atmosfera (cosa che accade in continuazione, dal momento in cui viene estratto, anche se non ce ne accorgiamo) o bruciato per riscaldare e produrre energia, causa quell’effetto climalterante chiamato riscaldamento globale che scioglie i ghiacciai e innalza il livello dei mari. L’estrazione dal sottosuolo, a sua volta, provoca l’accelerazione nella subsidenza che, pure, ben conosciamo. E la conoscono ancora meglio gli abitati di Lido Adriano e di Lido di Dante davanti a cui l’attività dell’Angela Angelina (che continua nonostante le promesse del Sindaco) produce il più importante abbassamento del suolo di tutta la costa ravennate.
Certo, bene fa de Pascale a chiedere a Stato e Regione l’incremento di opere in difesa della costa, ma da sole serviranno a poco, quando va bene, o a niente, quando i fenomeni si intensificheranno. Così come sono state azzerate in un lampo le dune artificiali, sono state superate le barriere soffolte e le scogliere sopra il livello medio mare, sono stati annientati i 23 milioni di euro di ripascimenti della scorsa primavera. Per fronteggiare efficacemente lo storm surge, cioè la coesistenza di bassa pressione, onde e vento, le opere di difesa, da sole, non bastano. Occorre arrestare o, quanto meno, rallentare l’innalzamento del mare e l’abbassamento del suolo. Altrimenti non c’è difesa che consenta di eliminare il rischio di allagamenti e di infiltrazione dell’acqua salata nei campi come invece vorrebbero le cooperative bracciantili.
Ravenna in Comune ritorna dunque a dire che festeggiare per rigassificatori, hub del gas, politiche estrattiviste è del tutto controproducente per il nostro sempre più fragile territorio. Che invece, accanto a difese adeguate da mareggiate ed ingressioni, avrebbe bisogno di una immediata svolta verso le energie rinnovabili. Perché le energie occorrono, non ci si può rinunciare, anche se si può lavorare su risparmi ed efficientamento. È rimanere legati al fossile che proprio non possiamo più. Se il Sindaco volesse veramente il bene del territorio che dovrebbe amministrare e non solo quello dei bilanci di poche potenti società del ramo “fossile”, dovrebbe adeguarsi immediatamente a quel cambio di passo da lui stesso enunciato nel 2019. Al momento di chiedere (ed ottenere) un voto favorevole del Consiglio Comunale alla delibera per la dichiarazione della emergenza climatica. Stiamo ancora aspettando ma di tempo ce n’è sempre meno.