Sussiste il nesso causale tra l’errata ed eccessiva somministrazione di un farmaco, che ha provocato gravi effetti collaterali e la morte di una donna, a 81 anni, l’11 maggio 2018. Il medicinale ha agito come causa scatenante dell’alterazione di un equilibrio clinico-funzionale della paziente, innescando una cascata di eventi che ha portato al decesso e riducendo pesantemente le possibilità di sopravvivenza.
Lo ha stabilito la consulenza tecnica disposta nell’ambito della causa civile avviata dai familiari dell’anziana, difesi dagli avvocati Chiara Rinaldi e Maria Federica Celatti, che chiedono un risarcimento danni di oltre 900mila euro alla clinica ravennate Domus Nova che l’ebbe in cura e ai medici, difesi rispettivamente dagli avvocati Massimo Dalmonte, Francesca Giardini e Stefano Della Valle.
Proprio la protratta somministrazione in dosi massicce del farmaco è definita dalla consulenza, firmata dalla specialista in Medicina legale e delle assicurazioni Ida Storchi, un “lampante profilo di malpractice” il che costituisce “una chiara colpa per negligenza”. Inoltre da parte della struttura c’è stato un incompleto e scorretto adempimento degli obblighi spettanti dal ‘contratto di spedalità’.
Sulla morte è in corso anche un processo penale per omicidio colposo, con due medici, difesi dagli avvocati Giovanni Scudellari, che hanno chiesto il rito abbreviato e il Gip che ha disposto una perizia tecnica, mentre un terzo medico imputato, difeso dall’avvocato Della Valle, è a giudizio in rito ordinario: i familiari sono parte civile sempre con l’avvocato Rinaldi. Secondo l’accusa, pm Cristina D’Aniello, i medici avrebbero disatteso “clamorosamente” le prescrizioni terapeutiche, a fronte di un dosaggio prescritto dal medico di base di una somministrazione settimanale, nel corso della degenza le è stato dato giornalmente, per 13 giorni.
(fonte ANSA)