Quando all’opera c’è un regista come Werner Herzog, motivato da un’intensa curiosità per tutto ciò che accade sotto il sole (e nelle tenebre), ma consapevole dell’irriducibile misteriosità della natura, sia essa selvaggia o umana, è difficile immaginare quale musica possa innestarsi sui film documentari che ha dedicato al pianeta e agli uomini che lo abitano, essi stessi territorio da esplorare e attraversare. Forse soltanto il compositore-violoncellista Ernst Reijseger può misurarsi con lo sguardo del regista tedesco: lunedì 20 luglio, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, il cine-concerto Requiem for a Dying Planet è un incontro ad armi pari tra cinema e musica, tra le immagini tratte dai film The Wild Blue Yonder, The White Diamond, Cave of Forgotten Dreams e Nomad – In the Footsteps of Bruce Chatwin e le colonne sonore composte da Reijseger, capace di addentrarsi nella regione liminale fra jazz, improvvisazione, musica da camera. Al suo fianco sul palcoscenico Harmen Fraanje al pianoforte, Mola Sylla voce nonché xalam e m’bira, il Cuncordu e Tenore di Orosei – per, sono le parole di Herzog stesso, “usare l’immaginazione e il suono in un modo che non avete mai incontrato prima”.
Foresta del Guyana: affascinato dalla cortina di nebbia della cascata, il regista si dispone a catturare ciò che vi si cela; prepara la telecamera, ma dichiara che non includerà quelle immagini in The White Diamond, per non violare l’integrità e la potenza mitica della cascata. È solo uno dei tanti episodi rivelatori dell’unicità dell’approccio di Werner Herzog al genere documentario, che nelle sue mani trascende la semplice cronaca degli eventi: in diretta contraddizione con le tradizionali aspettative di un documentario ma al tempo stesso assicurando un risultato di ipnotica bellezza e stupefacente portata, là dove il solenne incontra il prosaico o, come accade in The Wild Blue Yonder, lo spazio filmato dalla Nasa si fonde agli abissi sotto la calotta antartica. Avventuriero disilluso e sarcastico narratore, tra i padri del Nuovo Cinema Tedesco, Herzog sempre prende parte alle vicende che racconta, entrando in campo – sia fisicamente che ideologicamente – e così contaminando la realtà con la finzione, alla costante ricerca dell’inconsueto, dell’anomalo, in definitiva dell’umano.
La musica ha sempre giocato un ruolo centrale nell’arte di Herzog, parte integrante, e non semplice addendum, dell’atto registico. Per tenere testa alla sua visione ci vuole un ensemble ugualmente strabiliante, capitanato da Ernst Reijseger, formidabile compositore delle colonne sonore degli ultimi film documentari del maestro tedesco. “Ernst è uno dei grandi musicisti del pianeta, la cui musica precorre i tempi,” afferma Herzog, che con Reijseger ha lavorato a stretto contatto, assistendo anche alle sessioni di incisione e intrattenendo così un intenso rapporto con il processo creativo. “Gli mostro una sequenza del film, non sa cosa deve aspettarsi dai prossimi fotogrammi, e gli chiedo di accompagnarla al violoncello; lo fa. La bellezza di questo è che immagini e musica sono complementari in qualche modo, costituiscono separate realtà”. Dopo tutto il regista ha sempre sottolineato, nel descrivere il proprio lavoro documentario: “Per me un autentico paesaggio non è solo la rappresentazione di un deserto o di una foresta. Mostra uno stato interiore della mente ed è quindi l’animo umano a essere presente nei paesaggi dei miei film”.
Con Fraanje, Sylla e le polifonie del gruppo Cuncordu e Tenore di Orosei, la musica di Reijseger diventa una trance fuori dal tempo e dallo spazio, un intreccio virtuoso e ipnotico di ingredienti dal nord e dal sud del mondo che attinge tanto al jazz d’avanguardia quanto ai suoni ancestrali. Alla Rocca Brancaleone Requiem for a Dying Planet si immerge ne L’ignoto spazio profondo (The Wild Blue Yonder, 2005) e sorvola le cascate Kaieteur in Guyana, al seguito di una spedizione in aerostato filmata ne Il diamante bianco (The White Diamond, 2004); esplora le grotte francesi di Chauvet-Pont-d’Arc e le pitture rupestri di cui sono scrigno in Cave of Forgotten Dreams (2010) e rende poetico omaggio allo scrittore-viaggiatore nel recentissimo In the Footsteps of Bruce Chatwin (2019). Molti dei pezzi di Requiem for a Dying Planet sono stati influenzati da composizioni destinate a riti religiosi e legate al mondo della fede; ma Reijseger sa adattare questa musica sacra a nuovi suoni, ritmi e testi per farne un requiem non di morte, ma dedicato alla sorprendente bellezza del pianeta in pericolo.
Ernst Reijseger è uno degli artisti più innovativi degli ultimi vent’anni sulla scena internazionale del jazz, world music e nell’improvvisazione. Costantemente spinto alla ricerca di nuovi linguaggi ed espressioni, Reijseger ha collaborato con innumerevoli grandi artisti, tra i quali: Yo-Yo Ma, Nana Vasconcelos, Giovanni Sollima, Han Bennink, Trilok Gurtu, Uri Caine e altri ancora.
Mola Sylla, nato in Senegal, è cresciuto nella tradizione dei Griot, poeti-cantori erranti, che tramandavano la tradizione musical- teatrale dell’Africa Occidentale. È a questa ricchissima tradizione narrativa che attingono le sue canzoni, per la maggior parte in lingua wolof. Sbarcato in Europa nei tardi anni Ottanta, ha fatto di Amsterdam la base della sua ricerca musicale.
Harmen Fraanje ha al proprio attivo collaborazioni con musicisti del calibro di: Kenny Wheeler, Michael Moore, Mark Turner, Igor Roma, Cristina Branco e il flautista Magik Malik. Ha iniziato a suonare il piano all’età di sei anni. Ha studiato piano jazz e musica d’improvvisazione ai Conservatori di Tilburg e Utrecht.
Il gruppo Cuncordu e tenore de Orosei nasce ufficialmente nel 1995 ed è tra i migliori interpreti nel vasto panorama delle musiche vocali sarde. Oltre che per l’eccezionale bravura, anche per la peculiarità del repertorio, che abbraccia entrambe le forme della tradizione orale vocale di Orosei: quella del canto sacro, tipica delle confraternite religiose, e quella profana del canto a tenore. Il gruppo esegue, nelle due particolari modalità a Tenore e a Cuncordu, i Gotzos (canti della Passione di Cristo), i balli tradizionali, le serenate d’amore e tutto il repertorio canoro sacro e profano del loro paese, Orosei, l’unico paese in Sardegna dove le due modalità di canto non hanno conosciuto interruzioni nel tempo.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: primo settore 15 Euro, secondo settore 10 Euro, under 18 5 Euro
L’evento è in diretta streaming su www.ravennafestival.live