Oltre l’opinione comune che identifica l’opera con la scena del trionfo, perché – sottolinea la regista Cristina Mazzavillani Muti – “c’è molto di più in Aida: ci sono momenti intimi, riservati, malinconici”: il titolo verdiano arriva in scena sabato 2 novembre, alle 20.30 al Teatro Alighieri (repliche mercoledì 6 e sabato 9), con una nuova produzione in grado di combinare le visioni archeologiche delle scenografie virtuali all’attenzione per l’altro volto di Aida, anche nel meraviglioso rapporto fra la protagonista e Amneris, due donne opposte in amore eppure inaspettatamente vicine. È in questo caso Nicola Paszkowski a guidare l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”, mentre Antonio Greco ha preparato il Coro “Luigi Cherubini”, integrato con elementi del Coro Marchigiano “Vincenzo Bellini”. Un team creativo armato di nuove tecnologie, un giovane cast e più di una sorpresa in scena completano questa seconda tappa della Trilogia d’Autunno di Ravenna Festival; il primo trittico si concluderà con Carmen domenica 3 novembre, alle 15.30.

Nel ruolo di Aida, figlia del re etiope Amonasro ma catturata e resa schiava dagli Egizi che ne ignorano l’identità, c’è il soprano lituano Monika Falcon. Amneris, figlia del faraone di cui Aida è ancella nonché rivale in amore, è il mezzosoprano brasiliano Ana Victória Pitts. Oggetto della contesa il condottiero Radames, ovvero il tenore azero Azer Zada. Amonasro è Serban Vasile, già nel ruolo protagonista del Nabucco della Trilogia 2018, e il Re d’Egitto Adriano Gramigni. Andrea Vittorio De Campo è invece Ramfis, capo dei sacerdoti, Maria Paola Di Carlo la Grande Sacerdotessa e Riccardo Rados un messaggero. Nel quarto atto si alza inaspettato il canto del soprano turco Simge Büyükedes. Si tratta del poema Makber di Abdülhak Hâmid Tarhan, una delle figure chiave del Romanticismo turco; scritto a seguito della morte della moglie Fatma, il poema sostituisce alla tradizionale accettazione della morte la disperazione, il rifiuto, la rabbia…e infine la ricerca della pace in seno alla natura. E prelude così alla conclusione del dramma.

Il canto-poema in turco non è il solo elemento che fa di questa produzione un momento di creatività condivisa capace di superare i confini della tradizione per scoprire affinità e consonanze con altri linguaggi. Per esempio, la danza dei moretti del secondo atto è l’occasione per alcuni dei giovanissimi che hanno partecipato al percorso Alla scoperta delle energie creative della Romagna, audizioni-incontri di Cristina Muti aperti a tutti i ragazzi del territorio dagli 8 ai 18 anni, di “irrompere” in scena con i propri modernissimi e sorprendenti linguaggi. Sono parte della produzione anche le danzatrici Lara Viscuso e Lara Guidetti, quest’ultima autrice delle coreografie, e i DanzActori. Lorenzo Scarpellini, giovane artista dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna, ha creato Carcassa, un’opera d’arte trasformatasi in oggetto di scena: il groviglio d’ossa – forse la carcassa di un cammello – evoca e riassume in sé il fiume Nilo, la sabbia arsa del deserto, le carestie che si sono susseguite ai periodi di abbondanza, ma anche lo spettro della morte che aleggia sul dramma. Altre creazioni degli allievi dell’Accademia sono esposte negli spazi del Teatro per tutta la durata della Trilogia, nell’ambito della mostra Corpo a corpo curata da Maria Rita Bentini e Nicola Cucchiaro.

In azione, coordinato e ispirato dalla regia di Cristina Muti, il team che vede il visual designer Ezio Antonelli alle scene, Vincent Longuemare alle luci e Davide Broccoli come video programmer; sono invece di Anna Biagiotti i costumi (assistente ai costumi Sofia Vannini). L’innovazione tecnologica è anche nelle mani del pubblico con Lyri, l’applicazione gratuita e multilingue che permette di visualizzare testi e trama del libretto su smartphone e tablet, sostituendo efficacemente i sottotitoli.