Fra tutte l’opera prediletta dell’autore e primo tassello della trilogia “popolare”, Rigoletto continua la galleria di capolavori verdiani che compone la Trilogia d’Autunno 2018, lo straordinario atto conclusivo della XXIX edizione di Ravenna Festival. Il debutto del nuovo allestimento di Rigoletto, in programma sabato 24 novembre alle 20.30 (repliche 28 novembre e 1 dicembre), invita il pubblico a varcare la soglia della corte ducale – rigogliosa di immagini e colori della Mantova di Andrea Mantegna, Giulio Romano, Paolo Veronese – ma anche quella del nudo paesaggio di ombre e luci dove si consuma il dramma, attualissimo, di Gilda: un viaggio nel cuore dell’opera reso possibile dalle più moderne tecnologie e dalle invenzioni del team creativo, guidato dalla regia di Cristina Mazzavillani Muti. Sul podio dell’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” il giovane iraniano Hossein Pishkar. Il primo dei trittici si concluderà domenica 25 con Otello, ma la Trilogia continua fino al 2 dicembre, alternando i tre titoli sera dopo sera, a partire da Nabucco.

A vestire i panni del buffone Rigoletto sarà Andrea Borghini, mentre Venera Protasova, soprano russa nata in Tagikistan, è sua figlia Gilda; interpreta il Duca di Mantova Giordano Lucà. Antonio Di Matteo e Daniela Pini sono rispettivamente il sicario Sparafucile e sua sorella Maddalena, mentre il ruolo di Giovanna, la custode di Gilda, è di Cecilia Bernini. Giulio Boschetti interpreta il Conte di Monterone, Paolo Gatti il cavaliere Marullo e Giacomo Leone il cortigiano Matteo Borsa. Conte e Contessa di Ceprano sono rispettivamente Adriano Di Bella e Giulia Mattarella, mentre il paggio della Duchessa è Vittoria Magnarello. Il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” è preparato da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina. Accanto a Cristina Muti, il lighting designer Vincent Longuemare, il visual designer Paolo Micicché, il video programmer Davide Broccoli, Alessandro Lai per i costumi.

“Un infelice padre che piange l’onore tolto alla sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembra morale e grande, al sommo grande”: così scrive Verdi a Francesco Maria Piave, che di Rigolettoavrebbe firmato il libretto, nel 1850. La potenza drammatica della vicenda, tratta dal dramma di Victor Hugo Le roi s’amuse (originariamente un’allusione alle dissolutezze della corte francese di Francesco I), si combina a una ricchezza melodica, percorsa dal ripetersi del tema della maledizione, che ha fatto di Rigoletto un successo irresistibile. Non a caso è il primo dei titoli di quella definita a posteriori “trilogia popolare” – che si completa con Il trovatore e La traviata – tale tanto per le umili origini dei suoi protagonisti, quanto per la risposta di pubblico e critica. Quello della Trilogia d’Autunno, però, “non è un percorso di ‘crescita’ o di ‘miglioramento’ – spiega la regista Cristina Muti – ma un ampio arco in cui il genio ci prende per mano conducendoci attraverso le trasformazioni a cui, con inesausto coraggio, ha saputo dar forma. Rimanendo comunque sempre se stesso, straordinario conoscitore dell’animo umano, del sarcasmo, dell’ironia, della crudeltà, della sofferenza, della tirannide…”.

In una Mantova luminosa dei colori del Rinascimento e del Manierismo, gli amori del Duca sono accompagnati dalla complicità della sua corte e dagli scherzi del suo buffone Rigoletto. Quest’ultimo diviene però oggetto dell’ira del Conte di Monterone, la cui figlia è stata sedotta dal Duca; all’ennesima e crudele derisione da parte di Rigoletto, Monterone lo maledice. La maledizione si compie quando Gilda, la figlia amatissima che Rigoletto tenta di nascondere ai cortigiani, viene corteggiata proprio dal Duca sotto mentite spoglie. Coinvolto con l’inganno nel rapimento della stessa Gilda, Rigoletto fallisce anche nel tentativo di vendetta ai danni del Duca: non è questi a cadere sotto il pugnale del sicario, ma Gilda, che si sacrifica per amore. “Tutti prendono tragicamente in mano le loro vite affidandosi al giudizio di Dio – nota la regista, riflettendo sulla fine di Gilda ma anche di Abigaille in Nabucco e di Otello  – quel Dio dal volto umano su cui Verdi non ha mai smesso di interrogarsi”. La funzione del coro, che qui commenta l’azione dei personaggi, quasi invita lo spettatore ad affacciarsi sulle vicende – non dissimilmente dai putti che si affacciano dalla volta della Camera degli Sposi di Mantegna. Gli stessi splendori della corte si riflettono in un ambiguo gioco di specchi che raddoppiano, urtano, accecano, fino a precipitare il pubblico stesso nei quadri scenici, “album illustrati in cui calare il sangue e la carne viva del dramma”.

La Trilogia è resa possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Camera di Commercio, della Regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, di BPER Banca, Hormoz Vasfi e Unipol Banca.

Info e prevendite: tel. 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: da 18 a 70 euro / Speciale giovani: 5 euro / under 18 e universitari: 50% sulle tariffe ridotte