Ispirato al poema incompiuto Hérodiade di Stephane Mallarmé, lo spettacolo di Julie Ann Anzilotti nasce nel 1993, coagulando insieme collaborazioni prestigiose come la “sacrale” scenografia creata da Alighiero Boetti e la voce di Gabriella Bartolomei, invisibile (fuori campo) ma vibrante liaison tra azione coreografica e partitura musicale mista, da Hindemith a Rihm. Protagonista è la figura di Erodiade (o Salomé), creatura inquieta che nella sua affannosa ricerca di amore si spinge fino a chiedere la testa del Battista, il cui sacrificio le aprirà la strada della catarsi. Esempio di un luminoso periodo per la danza (e non solo) in cui il teatro era luogo di incontro e di scambio fertile tra artisti, Erodiade – Fame di vento torna in scena – lunedì 18 giugno al Teatro Alighieri (ore 21) – nell’ambito del Progetto RiC.Ci. Dedicato alla memoria della danza contemporanea italiana di cui vengono ricostruite le opere intorno agli anni 80/90, il Progetto RiC.Ci è curato da Marinella Guatterini, che già nel 1993 fu promotrice di questo lavoro di Julie Ann Anzilotti per il “Progetto Neoclassico”, ciclo dedicato alla rilettura del repertorio neoclassico europeo, incentrandolo sull’accorpamento di arti varie in un unico segno scenico. Al riallestimento dell’opera hanno partecipato, oltre all’autrice, quasi tutti i professionisti coinvolti nel debutto del 1993, in un passaggio di testimone creativo che è uno degli altri segni distintivi del Progetto RIC.CI.

Diviso in sei scene, Erodiade – Fame di vento rispecchia, per Anzilotti, “una delle più attendibili ricostruzioni del poema tragico Hérodiade che il simbolista francese Stéphane Mallarmé lasciò incompiuto dopo una difficile e lunga gestazione”. La coreografa ha scelto di aderire alla scansione del poema, pur spingendolo verso quel punto di fuga e di liberazione che lo stesso Mallarmé aveva intravisto nel suo finale sospeso nelle parole “…Urtando l’aldilà con il balzo del pensiero”. Erodiade (o Salomè come è più nota e come il poeta scelse di non chiamare per differenziarla dagli stereotipi cresciuti intorno alla sua figura) non è più dunque la donna sensuale e capricciosa passata alla storia, ma è colta nella sua dimensione più intima e tormentata. Rintracciando i graffi di quella solitudine che le devasta l’anima e la spinge a richieste estreme e sanguinarie. Erodiade –  spiega ancora Anzilotti – “è affamata di vento, come mi suggerì lo stesso Alighiero Boetti durante i nostri incontri per l’ideazione della scenografia: vuole e ottiene qualsiasi cosa, ma poi resta più sola di prima, ancora alla ricerca di qualcosa che le dia un po’ di pace”.

Alighiero Boetti (o Alighiero e Boetti, come l’artista prese a firmarsi a partire dal 1971) ideò per lo spettacolo un recinto “sacrale” su fondale rosso sangue. Geometrico ed essenziale, evocatore di un’autorevolezza visiva un po’ come lo furono i “segni” architettonici di Noguchi per le danze di Martha Graham, non per niente autrice nel 1944 di una Herodiade su musica di Hindemith a cui la coreografa italiana ha guardato con interesse. Per Boetti fu anche una sorta di testamento spiriturale, data la sua prematura scomparsa appena un anno dopo, nel 1994. Per Anzilotti l’avvio di un rapporto forte con i temi sacri, sviluppato negli anni intorno ad altre figure femminili storiche come Giovanna D’Arco e Giuditta, fino ad arrivare a un percorso interiore “che accompagna chi si apre alla ricerca di un dialogo col divino”.

Mettiamo in moto la memoria è il leitmotiv del Progetto RIC.CI (nato nel 2011), ideato da Marinella Guatterini. Il Progetto punta a dare risalto e a ricostruire la memoria della danza contemporanea italiana dall’inizio degli anni Ottanta sino agli inizi dei Novanta. Capitolo oscurato dove invece si ritrovano elementi fertili di una creatività tutta italiana e una capacità progettuale che incrocia arti diverse in modo originale. Ravenna Festival ha già proposto in precedenti edizioni altri spettacoli del progetto RIC.CI e precisamente: Duetto (1989-2011) coreografia di Virgilio Sieni e Alessandro Certini, La boule de neige(1985-2013) di Fabrizio Monteverde, liberamente tratto da Les enfants terribles di Jean Cocteau, Calore (1982-2012) regia, coreografia, scena e costumi di Enzo Cosimi, Pupilla (1983-2014) di Valeria Magli con DanceHaus Company, Terramara (1991-2013) di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni che ne ha curato il riallestimento, e-ink (1999-2015) di Michele Di Stefano, Uccidiamo il chiaro di luna (1997-2015) di Silvana Barbarini.