“È una storia così personale, così privata da diventare pubblica, universale”: è già tutto nelle parole del regista Giorgio Sangati la forza, l’urgenza di Lettere a Nour, che debutta in prima italiana giovedì 14 giugno, alle 21 al Teatro Alighieri, e inaugura l’ampia sezione di teatro di questa XXIX edizione del Festival. Trasposizione del romanzo epistolare scritto nel 2016 da Rachid Benzine, islamologo franco-marocchino, Lettere a Nour è il dialogo – impossibile? – tra un padre e una figlia, lui filosofo di fede islamica, lei fuggita in Iraq per raggiungere l’uomo che ama, un combattente dell’Isis. Affetti privati, cronaca e ideologia si intrecciano in un testo di grande essenzialità drammatica, capace di toccare le ferite profonde della nostra società ma anche di offrire un ritratto inedito della cultura islamica al complesso confronto con l’Occidente. Si incontrano sul palco il mostro sacro Franco Branciaroli e la giovane promessa Marina Occhionero; con loro i musicisti del Trio Mothra – i flauti e il duduk di Fabio Mina, la batteria preparata di Marco Zanotti, l’oud e l’oud elettrico di Peppe Frana – impegnati a creare una scenografia sonora impalpabile, sospesa fra oriente e occidente.
Il cuore di Lettere a Nour è un mistero: il mistero del rapporto – indissolubile, complicatissimo, doloroso – fra padre e figlia; il mistero del rapporto – altrettanto inevitabile, ma così doloroso da apparire irrisolvibile – fra cultura islamica e cultura occidentale. E ancora: fra giovinezza e vecchiaia, progresso e immobilità, ribellione e orgoglio. Conflitti tessuti in una scrittura contemporanea reminiscente dello shakespeariano Re Lear e di Pastorale americana di Philip Roth. “La dolorosa bellezza delle parole di Benzine mi ha fatto riflettere sulla friabilità delle nostre certezze, sulla fragilità del nostro mondo, sui limiti della nostra ragione,” nota Franco Branciaroli. “Il testo pone una sfida, non solo narrativa, potente.”
Il cuore di Nour è un mistero: Nour ha vent’anni, è cresciuta in un milieu liberale e illuminista, suo padre è un teologo islamico progressista; Nour decide di partire per l’Iraq e sposare un combattente del nascente Stato islamico. E lascia dietro di sé un padre che si domanda: perché non l’ho previsto? “Una domanda fastidiosa – afferma l’autore Rachid Benzine – una domanda che rimbalza sempre indietro come un’emicrania, ricorrente e familiare. Perché giovani uomini e giovani donne, nati nel mio stesso paese, dalla mia stessa cultura, decidono di partire per un paese in guerra e di uccidere in nome di un Dio che è anche il mio?” Un interrogativo da cui nasce un epistolario drammatico, un dialogo a distanza che racconta un conflitto al contempo familiare e culturale. E dove la verità non è semplice o univoca – perché dopo tutto Nour è animata dal desiderio di cambiare il mondo, di agire, paradossalmente mossa dagli stessi principi che ha ereditato dal padre e a cui rinfaccia di essersi rinchiuso in una torre d’avorio senza più rapporto con la realtà. Lettere a Nour non ha una risposta definitiva a questo punto di rottura, ma ha tutte le domande giuste:
L’autore Rachid Benzine, islamologo e filosofo francese di origine marocchina, sociologo di formazione, è uno degli esponenti di spicco di quella nuova generazione di intellettuali dediti allo studio del Corano in un’ottica di dialogo con le altre culture e religioni. Da tempo si batte per svincolare gli studi teologici da strumentalizzazioni politiche e per alimentare la ricerca con strumenti provenienti dalle scienze umane e sociali. Alla regia per questa prima italiana – il romanzo è stato presentato sul palco in Belgio e letto al Festival di Avignone – Giorgio Sangati, classe 1981: diplomatosi come attore alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, sotto la guida di Luca Ronconi di cui è stato anche assistente alla regia, ha già maturato una vasta esperienza di palcoscenico, sia come interprete, escursioni nel cinema comprese, che come drammaturgo e regista, imponendosi velocemente all’attenzione. Per Lettere a Nour ha creato un’ideale non-luogo interiore che funziona come incubo, paradiso e trappola; in questo spazio dell’animo duellano uno dei più grandi interpreti di sempre, Franco Branciaroli, e la giovane Marina Occhionero. Se Branciaroli, il cui lungo percorso ha spesso incrociato i complessi orizzonti della riflessione religiosa, non mancherà di mettere la propria esperienza di protagonista shakespeariano al servizio di questa figura di padre, la venticinquenne Occhionero arriva dall’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma e dal Conservatoire d’Art Dramatique di Parigi e ha già collaborato con registi come Luca Ronconi, Cristina Comencini, Sergio Rubini. Mimetizzati sul palco Fabio Mina, Marco Zanotti e Peppe Frana, un trio di musicisti uniti nella sensibilità a tradizioni musicali extraeuropee: i flauti di Mina, la batteria di Zanotti e l’oud di Frana saranno avvolti in una rete di elettronica che espande le possibilità sonore degli strumenti – in fondo il Trio Mothra ha scelto per simbolo la mostruosa divinità-falena giapponese, simbolo di fragilità che può sprigionare una grande forza.
Lettere a Nour è una produzione di ERT Fondazione, Centro Teatrale Bresciano, Teatro De Gli Incamminati, in collaborazione con Ravenna Festival, resa possibile grazie al contributo di Federcoop Romagna, Legacoop Romagna e Federazione provinciale delle Cooperative