“Numerose segnalazioni indignate sono nuovamente pervenute a Lista per Ravenna fin da martedì scorso per la puzza ripugnante che è tornata ad opprimere larghe parti della città e del territorio comunale a nord-est, rendendo l’aria irrespirabile e provocando disturbi, specialmente alle persone che, anche per l’età avanzata, manifestano difficoltà respiratorie. Il malodore continua per più giorni, resistendo, in certe zone, all’interno delle autovetture ed anche nelle abitazioni.
Provenendo da vasti terreni agricoli alle porte di Mezzano, appare ormai credibile che l’irritante fenomeno risalga già ai primi giorni di settembre 2023, quando la puzza di pesce marcio tormentò prolungatamente questa località e zone poste anche nel raggio di chilometri, sollevando un’interrogazione al sindaco di Lista per Ravenna rimasta senza un’effettiva risposta; ma è certamente quello che negli ultimi giorni del mese stesso e nei primi di ottobre si è espanso fino alla città di Ravenna. In questa occasione, l’Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente dell’Emilia-Romagna (ARPAE), avendo effettuato indagini, comunicò finalmente che la causa del malessere olfattivo era stata appunto identificata nello spandimento, su quei terreni agricoli, come concime, di borlanda liquida, estratta dagli scarti della barbabietola.
L’Agenzia dichiarò che questo fertilizzante“non ha particolari vincoli e non necessita di autorizzazione, né ha regolamentazione dal punto di vista ambientale” e di aver chiesto “all’azienda responsabile della concimazione di spandere il fertilizzante in terreni lontano dalla città o da centri abitati”, quasi che, abitando in campagna, non si abbiano gli stessi diritti di ogni altro cittadino. Il fenomeno si è però ripresentato tal quale, per la stessa causa, il 30 gennaio e nei giorni successivi, così come attualmente.
DICHIARAZIONI DEL SINDACO
Il sindaco di Ravenna ha rivelato pubblicamente solo ieri come avesse chiesto all’azienda agricola in questione “di moderare l’utilizzo di questo tipo di sostanza ed evitarne lo spandimento con particolari condizioni ambientali che possono amplificare la diffusione o la persistenza dell’odore, come la direzione del vento o la situazione attuale con livelli molto alti di polveri sottili”, ottenendo però il risultato che l’impresa ha continuato “a farne un uso incontrollato”. Dato che “ora la misura è colma”, egli ha affermato di avere scritto ad ARPAE e ad AUSL “di avviare tutti i controlli del caso”, trascurando, però, siccome i fatti sono già acclarati, che il Comune di Ravenna detiene in proprio, nella persona del sindaco stesso, strumenti normativi con cui passare dalle parole ai fatti, offerti, come espongo appresso, dal codice penale, dal regolamento comunale di Polizia Urbana e dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Non si capisce perché il sindaco non vi accenni neppure, dato che, essendosi rivolto anche all’AUSL, ha dimostrato come sia in gioco un interesse di tutela dell’igiene pubblica.
CODICE PENALE
L’art. 674 del codice penale afferma che: “Chiunque […] versa in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a […] molestare persone […] è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206”. Al riguardo, la Cassazione penale, organo supremo della giustizia italiana, ha stabilito (sez. I, 4 giugno 1996-30 agosto 1996) che: “Il comportamento di chi cagiona delle molestie olfattive va evidentemente ricondotto a tale […] ipotesi, per la configurazione della quale, peraltro, non hanno alcun rilievo i motivi e il fine perseguiti dal soggetto agente, essendo necessario solo che la condotta gli possa essere attribuita quanto meno sotto il profilo del comportamento colposo”.
REGOLAMENTO DI POLIZIA URBANA
Dal 15 novembre 2020 è in vigore, sull’intero territorio del Comune di Ravenna, con effetto di legge, il “Regolamento di Polizia Urbana”. L’art. 10 dispone che “è vietato, nell’esercizio di qualsiasi attività, produrre esalazioni moleste verso luoghi pubblici o privati”, punendo chi lo viola con “la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100,00 ad euro 300,00”.
POTERE DI ORDINANZA DEL SINDACO
L’art. 50, comma 5, del TUEL, stabilisce che “in caso di emergenze […] di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”. Ne discende che, secondo l’art. 650 del codice penale, chi “non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione […] d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.
Occorre dunque che il sindaco proceda da subito, per quanto finora avvenuto, ad attivare le funzioni di polizia giudiziaria e di polizia amministrativa proprie della Polizia Locale, la quale, secondo la Corte di Cassazione (sentenza 9.736 del 2018), dipende direttamente da lui (o dal suo assessore delegato, che a Ravenna è il vicesindaco), attraverso ordini o direttive, indirizzati al comandante del corpo, che riguardino, tra l’altro, l’esercizio del potere ispettivo. Tocca sempre al sindaco, per evitare che i fatti si ripetano in futuro, impartire all’azienda agricola in questione un’ordinanza che ne vieti il riprodursi, o quanto meno ne imponga limiti e cautele rassicuranti. Per quanto appena esposto, rivolgo pertanto al sindaco di Ravenna la presente diffida ad operare rapidamente, con iniziative seriamente adeguate, per darvi corso con effetti risolutivi. Segnalo che quest’atto è da me prodotto, in particolare, ai sensi degli articoli 1, 2 e 2 bis (“principi generali dell’attività amministrativa, conclusione del procedimento, conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”) della legge 241 del 1990 e dell’art. 328 (“rifiuto di atti d’ufficio”) del codice penale.”
Alvaro Ancisi
(capogruppo di Lista per Ravenna)