Unione dei Comuni, fase 2 . Non sappiamo quante fasi siano previste, ma questa fase parte con gli stessi vizi della fase 1, quella che ha visto conferire frettolosamente tutte le funzioni proprie dei Comuni all’Unione. Costituendo un Ente che esautora parzialmente i Consigli Comunali, non consente la rappresentanza di tutte le parti presenti nei Consigli stessi ed ha una normativa di riferimento lacunosa per cui si prospettano soluzioni di dubbia legittimità.
E’ indubbio che siano auspicabili forme aggregative che permettano di migliorare i servizi offerti ai cittadini (maggiore qualità e/o minori costi per l’erogazione), ma l’Unione realizzata dalle attuali amministrazioni non è una soluzione. E’ un “esperimento”, così l’hanno definito loro stessi, con almeno 3 ordini di gravi lacune. Non si coinvolgono gli interessati: i cittadini, in primo luogo; i dipendenti; i consiglieri di minoranza. Solo per le organizzazioni imprenditoriali e le associazioni pare ci sia stato un certo coinvolgimento.
Si escludono a priori soluzione aggregative diverse dal conferimento totalitario delle funzioni, senza orientare le scelte in base alla previsione di benefici verificabili.
Si adottano soluzioni organizzative senza valutarne preventivamente l’impatto, supportando i cambiamenti richiesti.
Un modo di procedere che si riconferma nel proporre le modifiche all’assetto raggiunto nei 6 anni trascorsi dall’avvio del progetto. 6 anni in cui non sono stati centrati obiettivi fondamentali per la riuscita del progetto stesso.
Per fare solo un esempio, l’avvio di sportelli polifunzionali doveva accompagnare la riorganizzazione territoriale, invece, ad oggi non solo non esistono, ma la loro organizzazione è un modello sulla carta, non avallato da nessuna specifica analisi.
Si sono, invece, generati dei costi certi, a cui seguiranno quelli per spese notarile per la modifica degli statuti degli enti, e disagi, in particolare per i dipendenti, ma anche per gli utenti.
Il documento esaminato nella riunione plenaria dei consiglieri dei Comuni dell’Unione inizia citando come penalizzante per l’intero percorso dell’URF le differenze dimensionali, territoriali e di tessuto economico dei Comuni. Queste differenze erano evidentemente presenti anche ad avvio di progetto; perché non sono state considerate da subito nel valutare le innovazioni proposte? Su cosa si fonda la credibilità di questo progetto, se questo è il modo di procedere?
Per sei lunghi anni abbiamo puntualmente seguito i lavori, letto le proposte, parlato con i cittadini e fatto le nostre osservazioni, per lo più sbeffeggiate da quella amministrazione che oggi deve ammettere le lacune del percorso intrapreso, autoassolvendosi da ogni responsabilità. Continueremo a farlo, ma siamo convinti che gli interventi di cui l’amministrazione ed i cittadini hanno necessità non siano la priorità nella realizzazione di questa Unione.
E’ indubbio che siano auspicabili forme aggregative che permettano di migliorare i servizi offerti ai cittadini (maggiore qualità e/o minori costi per l’erogazione), ma l’Unione realizzata dalle attuali amministrazioni non è una soluzione. E’ un “esperimento”, così l’hanno definito loro stessi, con almeno 3 ordini di gravi lacune. Non si coinvolgono gli interessati: i cittadini, in primo luogo; i dipendenti; i consiglieri di minoranza. Solo per le organizzazioni imprenditoriali e le associazioni pare ci sia stato un certo coinvolgimento.
Si escludono a priori soluzione aggregative diverse dal conferimento totalitario delle funzioni, senza orientare le scelte in base alla previsione di benefici verificabili.
Si adottano soluzioni organizzative senza valutarne preventivamente l’impatto, supportando i cambiamenti richiesti.
Un modo di procedere che si riconferma nel proporre le modifiche all’assetto raggiunto nei 6 anni trascorsi dall’avvio del progetto. 6 anni in cui non sono stati centrati obiettivi fondamentali per la riuscita del progetto stesso.
Per fare solo un esempio, l’avvio di sportelli polifunzionali doveva accompagnare la riorganizzazione territoriale, invece, ad oggi non solo non esistono, ma la loro organizzazione è un modello sulla carta, non avallato da nessuna specifica analisi.
Si sono, invece, generati dei costi certi, a cui seguiranno quelli per spese notarile per la modifica degli statuti degli enti, e disagi, in particolare per i dipendenti, ma anche per gli utenti.
Il documento esaminato nella riunione plenaria dei consiglieri dei Comuni dell’Unione inizia citando come penalizzante per l’intero percorso dell’URF le differenze dimensionali, territoriali e di tessuto economico dei Comuni. Queste differenze erano evidentemente presenti anche ad avvio di progetto; perché non sono state considerate da subito nel valutare le innovazioni proposte? Su cosa si fonda la credibilità di questo progetto, se questo è il modo di procedere?
Per sei lunghi anni abbiamo puntualmente seguito i lavori, letto le proposte, parlato con i cittadini e fatto le nostre osservazioni, per lo più sbeffeggiate da quella amministrazione che oggi deve ammettere le lacune del percorso intrapreso, autoassolvendosi da ogni responsabilità. Continueremo a farlo, ma siamo convinti che gli interventi di cui l’amministrazione ed i cittadini hanno necessità non siano la priorità nella realizzazione di questa Unione.