L’andamento climatico anomalo, con le gelate tardive di inizio aprile e la siccità perdurante, ha ridotto le fioriture, ma le api, almeno in Romagna e nel Ravennate, sembrano in buona salute. Mentre in alcune zone d’Italia si registrano previsioni nefaste, con cali di produzione che potrebbero arrivare anche all’80%, nel nostro territorio le stime sono tutto sommato positive. Di certo sembra scongiurato il rischio di incorrere in un’altra annata tragica dopo che nel 2019, per via della primavera fredda e piovosa, la produzione di miele era colata a picco.
Secondo il monitoraggio della Coldiretti provinciale, svolto in occasione della giornata mondiale delle api che si festeggia il 20 maggio a livello planetario dopo essere stata istituita dall’Onu nel 2018, nel Ravennate le nuove fioriture dell’acacia, la varietà più richiesta dal mercato insieme al ‘millefiori’, lasciano ben sperare. Il ritorno del caldo ha rivitalizzato i preziosi insetti che si sono messi al lavoro con un grande sospiro di sollievo da parte degli apicoltori locali. Tra questi c’è il giovane Matteo Farinelli, della società agricola Granfavo di Brisighella: “Dal 2013 – afferma – soffriamo pesantemente gli sfasamenti climatici che qui in Romagna si caratterizzano per primavere secche, non sempre favorevoli purtroppo ad una buona fioritura tale da garantire una produzione soddisfacente. Al momento – aggiunge – l’annata 2020 sembra più positiva rispetto alle ultime, ma c’è grande variabilità da zona a zona e basta spostarsi di pochi chilometri per ottenere risultati diversi, ad esempio gli alveari collocati a Casola Valsenio stanno producendo di più rispetto a quelli situati a Brisighella”. Ottimista anche il produttore di Pieve Cesato, Michele Zama, dell’Azienda agricola Zama: “Grazie all’inverno mite abbiamo famiglie di api in salute – afferma – non sarà probabilmente un annata dal raccolto record, ma credo che in media sarà possibile ottenere tra gli 8 e i 10 kg ad arnia, sempre che la produzione di millefiori, nonostante la siccità, confermi le attese”.
Secondo Laura Lombardi, titolare dell’Apicoltura Lombardi di Faenza: “Le ultime giornate con temperature primaverili e poco vento hanno permesso alle api di lavorare al meglio e di raccogliere nettare sia in collina che in pianura, le prospettive, dunque, conclude, sono buone sia per il millefiori che per l’acacia”.
In media una singola ape – precisa Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.
Con una produzione nazionale attesa di miele che sarà comunque sotto media, le importazioni dall’estero saranno di certo ingenti (nel 2019 l’Italia ne ha importati quasi 25 milioni di chili, il 40% dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina).
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.