“Poste Italiane si arrende. Il termine per un ricorso è ampiamente scaduto e la sentenza di appello, risalente allo scorso dicembre, è ormai passata in giudicato da diverse settimane, diventando quindi definitiva: resterà a Ravenna la portalettere che, inidonea al servizio, Poste Italiane aveva trasferito a Bologna circa due anni fa. La sentenza non impugnata aveva dato ragione alla Slc Cgil e alla lavoratrice assistita assistita dai legali Michele e Alessandra Miscione. Oltre a confermare le ragioni espresse dal giudice di primo grado nella sentenza del febbraio 2022, la Corte d’appello aveva nuovamente condannato Poste Italiane al pagamento delle spese di giudizio.
Poste Italiane non ha presentato ricorso in Cassazione. «Scelta più che opportuna – commenta Saverio Monno, segretario generale della Slc Cgil –. Il trasferimento dei portalettere “inidonei alla mansione” è una pratica odiosa quanto diffusa in Poste Italiane, che finisce per aggravare, senza che sussistano concrete motivazioni o esigenze organizzative, condizioni di conclamato disagio di lavoratrici e lavoratori in situazione di fragilità, o affetti da patologie che non di rado sono chiaramente riconducibili alla mansione. Invece di investire energie e capitali per liberarsi di queste lavoratrici e questi lavoratori (o quantomeno per isolarli), l’azienda dovrebbe riconoscere che quella dei postini è attività lavorativa gravosa e porre in essere iniziative a tutela di queste donne e questi uomini. Pare che persino l’attuale esecutivo, non certo tacciabile di simpatie per la Cgil, abbia aperto all’ipotesi di inserire la professione di portalettere tra quelle usuranti. Noi lo sosteniamo da tempo e a differenza dell’esecutivo non diciamo solo dei portalettere, ma anche degli operatori di sportello. È ormai da anni che il blocco del turn over ha progressivamente impoverito l’intero organico aziendale e messo a ferro e fuoco il personale. E questo, in un contesto nel quale, in aperta controtendenza con le vicende del personale, sono andati ampliandosi, moltiplicandosi e differenziandosi, servizi e prestazioni che dallo storico core business aziendale hanno finito per approcciare a nuovi “mercati”, come quello della telefonia, della fornitura di energia e di erogazione di servizi di pubblico interesse, per citare gli esempi più recenti».
«Lo abbiamo toccato con mano, nel corso dei mesi passati, anche attraverso la lunga e laboriosa indagine nazionale sullo stress lavoro-correlato che abbiamo condotto, tra queste lavoratrici e questi lavoratori, assieme al patronato Inca della Cgil e alla Fondazione Giuseppe Di Vittorio. E degli esiti avvilenti di quella rilevazione produrremo a breve una fotografia dettagliata, oltre ad intraprendere ogni tipo di iniziativa di tutela, sia individuale che collettiva».
«Per il momento non possiamo che esprimere soddisfazione per questo nuovo risultato – conclude Monno – una conferma, l’ennesima, dell’impegno della Cgil per il rispetto dei diritti, sia individuali che collettivi, e per l’affermazione della priorità della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sulle logiche del profitto. Un impegno che confidiamo che le lavoratrici e i lavoratori vorranno continuare a sostenere, non solo con l’iscrizione alla nostra organizzazione, né solo con il voto ai nostri candidati alle imminenti elezioni per il rinnovo della Rsu, che persino in Poste Italiane, tra pochi giorni, per l’esattezza i prossimi 28 e 29 marzo, torneranno ad essere celebrate dopo 11 anni di immobilismo, ma attraverso pratiche quotidiane di militanza e partecipazione attiva che sono il principale strumento di emancipazione dal bisogno e di riscatto sociale, che ci permette di svolgere un ruolo attivo e fecondo in quel processo di crescita collettiva e plurale che la nostra Cgil alimenta quotidianamente da oltre un secolo».”