L’altro ieri, mentre il senato approvava il cosiddetto “decreto carceri”, nel penitenziario di Prato avveniva il 65° suicidio del 2024 da parte di un detenuto, cioè di una persona sotto la responsabilità dello Stato.

Nel decreto approvato non c’è nulla che intervenga nell’immediato sulla disastrosa situazione a cui stiamo assistendo nelle carceri, e non c’è nulla che vada nella direzione indicata di recente anche dal Presidente Mattarella (“intervenire su sovraffollamento e assistenza”).

“I provvedimenti varati dall’inizio di questa legislatura – argomenta Caterina Basevi di +Europa Ravenna – hanno provocato un’impennata di ingressi in carcere senza incidere sulla sicurezza dei cittadini. Un terzo di detenuti lo sono per violazione del testo unico degli stupefacenti, su cui da tempo chiediamo di attuare un’ampia depenalizzazione; Mentre, con norme di facciata il governo ha solo aumentato le pene per i reati di lieve entità in modo da impedire l’accesso alle misure alternative. Il sistema penale viene utilizzato a scopo di ottenere consensi nel breve periodo e non per risolvere problemi sociali o di sicurezza. Questo è l’assurdo che ci ha portati alla situazione attuale e, per la prima volta, al sovraffollamento anche degli istituti minorili”. Addirittura, in un emendamento si parlava di riaprire gli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari).”

Secondo i dati del dossier di Antigone, sono 4.000 i detenuti in più negli ultimi 12 mesi, il livello di sovraffollamento raggiunto nelle carceri italiane è ormai a livelli di guardia. Il tasso di affollamento è del 130,4%. In 56 istituti penitenziari, tra i quali per fortuna non c’è Ravenna, il tasso di affollamento è addirittura superiore al 150%.

“Abbiamo visto come tutti i provvedimenti del governo – conclude Basevi – abbiano tra loro un comune denominatore: colpiscono la marginalità e le persone che per la loro condizione sono già più a rischio nel commettere reati. Persone che andrebbero responsabilizzate e sostenute attraverso il sistema di welfare e che entrano in carcere spesso con problematiche legate alla loro dipendenza da sostanze o affette da patologie psichiatriche e che perciò avrebbero bisogno di percorsi di cura e non di prigioni, con la loro gestione scaricata sugli operatori: pochi e spesso nemmeno messi in condizioni di operare visti gli spazi vetusti, gli scarsi finanziamenti e la mancanza di politiche territoriali integrate.”

Un carcere sovraffollato è anche un carcere che non contribuisce a costruire sicurezza per i cittadini. Non è un caso che il tasso di recidiva in Italia sia altissimo, segno di un fallimento su cui occorre smettere di fare demagogia e cominciare ad intervenire sulle cause reali.