“C’è un luogo, a Ravenna, che, nonostante sia ricoperto da uno strato d’acqua veramente sottile, sembra fatto apposta perché vi si nascondano le verità”. Il consigliere comunale Massimo Manzoli, capogruppo per Ravenna in Comune, chiede chiarimenti sulla Piallassa Piomboni.
“In effetti, la Pialassa dei Piomboni è fatta apposta. Ossia è uno dei due polmoni, assieme alla Pialassa della Baiona, che consente al Canale Corsini di respirare. Ossia, dal punto di vista idraulico, con il riempimento e lo svuotamento determinato dalle maree, impedisce il deposito dei materiali sabbiosi che interrerebbe il canale. Tutto questo, in realtà, non basta più da tempo. Da quando il Canale costruito nel settecento è la via d’accesso al porto moderno, il movimento originato dalle pialasse non basta più. Occorrono dragaggi.
Gli ultimi “veri” dragaggi, cioè non limitati a spostare i fanghi al largo o negli avvallamenti dei fondali, risalgono ad una decina di anni fa. Ci si ricorderà che fu in quell’occasione, che saltò fuori una bomba, 700 chili di tritolo che qualche anima bella pensò di spostare di nascosto per non arrestare i lavori. E quale luogo migliore dove metterla se non nella Pialassa dei Piomboni? Finì con tre condanne (fra cui l’allora segretario dell’Autorità Portuale), tre assoluzioni e tra patteggiamenti, due giorni di operazioni per rimuoverla, costi sociali e economici alle stelle.
In effetti, ma solo in Pialassa, si è continuato a scavare. I materiali, però, sono rimasti sempre lì. A costituire i rialzi (le barene) previsti dal progetto di “rinaturalizzazione”: 32 milioni di euro per separare fisicamente la parte portuale da quella interessata da altre attività: caccia, pesca, svago. Secondo qualcuno si tratta di una montagna di soldi buttata via. Per altri un’opera dannosa. Secondo l’Autorità Portuale, invece, sarebbe indispensabile. Di sicuro si tratta di un intervento che figura nei bilanci dell’Ente almeno dal 2005 ma l’intenzione di estendere il porto alla cosiddetta banchina “carni” è di molto precedente. E ancora oggi non vede la parola fine che certo, comunque non sarà scritta entro primavera, quando invece i ritardi dei ritardi dei ritardi avrebbero dovuto terminare. Quando allora? Resta un mistero!
Altro mistero sono le navi russe arenate. Quando verranno rimosse? Al momento, invece di calare, sono anzi aumentate di un’unità, o almeno si sono aggiunti i pezzi semiaffondati della Berkam B. Un cimitero navale a cielo aperto che contribuisce non poco ad ispessire l’alone di mistero.
E poi ci sono i rigagnoli di colori appariscenti che, ogni tanto, contribuiscono a rendere ancora più improbabile la cosiddetta naturalizzazione. Da dove provengono? Un bel mistero.
E, ancora, i ruderi del Marchesato e della Fabbrica Vecchia che vi si affacciano in attesa, anche qui, di una presunta riqualificazione più volte annunciata, tra un crollo e l’altro: doveva farsene carico l’Autorità Portuale con i risparmi derivanti dai lavori di rinaturalizzazione. Dove sono finiti quei soldi? O non ci sono mai stati? Altro mistero.
E gli usi civici di pesca e di legnatico, ci sono o non ci sono? Mistero.
E poi non vanno dimenticati i capanni, da caccia, da pesca. Sono abusivi? I primi comparvero quando l’area era di proprietà dei conti Baldi con l’assenso dei proprietari. Poi se la prese Sapir e anch’essa tollerò. Poi se la prese lo Stato. Che decise, poiché si trattava di demanio, che tutto quello che ci stava sopra senza concessione doveva per forza essere abusivo. E per essere ben sicuro di non essere smentito non ha mai rilasciato alcun permesso. Perché? Altro mistero!
E soprattutto: a chi tocca la competenza?
All’Autorità Portuale che ha commissionato i lavori di rinaturalizzazione? Eppure non si tratta di porto!
Alla Capitaneria di Porto, allora, che tutti gli anni, immancabilmente, compare sui giornali per i sequestri di vongole pescate di frodo in Pialassa? Al Comune di Ravenna che ha emanato da anni un regolamento capanni che per la Pialassa Piomboni risulta inapplicabile e, comunque, sta portando a rinvii su rinvii? Alla Provincia? Alla Regione Emilia-Romagna? All’Ente Parco? All’Agenzia del Demanio? A…? Mistero!
Ad oggi sappiamo soltanto che il velo d’acqua sta scomparendo: dove c’erano bassi fondali e si procedeva su battana, ora ci si muove a piedi nel fango, calzando stivaloni. Il Presidente Rossi ha dichiarato al Corriere di Romagna: «La segnalazione la raccogliamo in questo momento, va comunque ricordato che il progetto comprende anche un piano di rinaturalizzazione che va, mano a mano, attuato». Che la rinaturalizzazione consistesse nel togliere tutta l’acqua? Mistero!”