“Da diversi anni nell’area protetta della Pialassa della Baiona, un ambiente lagunare di circa 1100 ettari situato tra la Pineta di San Vitale e l’abitato costiero di Marina Romea (Ravenna), viene segnalata la presenza di pescatori di frodo. Questa attività illegale all’inizio riguardava piccoli quantitativi di pesce e di vongole, come attestato dai sequestri operati dalle forze dell’ordine durante le retate. Con il passare del tempo i quantitativi sequestrati sono aumentati, a dimostrazione che si è passati da una pesca per l’autoconsumo ad una pesca per un mercato molto più ampio del valore stimato di decine di migliaia di euro. La Regione Emilia-Romagna è al corrente di questa attività illegale? E, in caso affermativo, quali azioni sta mettendo o intende mettere in atto per arginarle, fino ad impedirle completamente? A rivolgere queste domande alla Giunta regionale è Silvia Zamboni, capogruppo di Europa Verde, che oggi in Assemblea legislativa ha depositato un’interrogazione sul tema.
Dal punto di vista ambientale, la Pialassa della Baiona è una zona umida di importanza internazionale, inclusa nel perimetro del Parco regionale del Delta del Po e designata quale ZSC/ZPS della rete Natura 2000. Il nome “Pialassa” sembra trarre origine dall’unione di due termini: “piglia” e “lascia”. Questo perché all’interno di quest’area si crea un sistema dinamico di scambio con l’acqua marina, sfruttato dai pescatori di professione (specialmente di molluschi) e dai possessori dei tradizionali capanni da pesca (detti bilancioni o padelloni), disseminati sui margini e i dossi degli specchi d’acqua.
Sono dieci gli habitat di interesse comunitario, tre dei quali prioritari, che coprono circa il 78% della superficie del sito, prevalentemente acquatici salmastri e non: lagune, pascoli inondati mediterranei, steppe salate, ecc. In Baiona si contano 231 specie vegetali, delle quali ben 17 inserite nella lista regionale delle specie target per la conservazione. Molteplici anche le specie animali: mammiferi, uccelli, rettili e pesci.
Le modalità con le quali i pescatori illegali, associati in vere e proprie organizzazioni criminali, catturano le loro prede (per lo più carpe, carassi, pesci gatto, siluri e vongole) sono violente e aggressive e portano, inevitabilmente, alla distruzione di qualsiasi forma di vita presente nell’area depredata. Gli strumenti utilizzati, infatti, non sono solo reti a tramaglio, fissate o manovrate a strascico, ma anche elettrostorditori, veleni e fertilizzanti agricoli, che hanno la funzione di stordire e mettere in fuga il pesce verso apposite trappole disseminate nei dintorni; modalità, queste, che riducono le operazioni di pesca a poche ore, garantendo un bottino consistente.”