“Diverse figure storiche hanno lasciato una traccia indelebile a Ravenna e vengono spesso ricordate: il vescovo Agnello, Giustiniano, Dante… Ma appare quasi dimenticato – gli è stato dedicato un giardino nella zona dantesca – un personaggio di rilievo quale Rinaldo da Concorezzo (Milano, 1250 circa – Argenta, 3 agosto 1321), arcivescovo venerato come beato dalla Chiesa cattolica – la sua memoria liturgica cade il 18 agosto – il cui corpo riposa nel Duomo di Ravenna, in un sarcofago tardo-romano collocato nella Cappella della Vergine del Sudore” afferma Daniele Perini, capogruppo di Ama Ravenna.
“Cappellano della Corte pontificia di Bonifacio VIII, fu poi vescovo di Vicenza, rettore della Romagna e vicario papale a Forlì, infine arcivescovo di Ravenna nel 1305, in un momento particolare caratterizzato dalla perdita di autorità della Chiesa rispetto al potere temporale perché, dopo la morte di Bonifacio VIII, la sede papale era stata trasferita ad Avignone dal Re di Francia. Fu contemporaneo di Dante, con cui dovette avere dei rapporti nel tempo della sua permanenza a Forlì e a Ravenna. Morirono entrambi nel 1321, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro” continua Perini.
“Parlando di Rinaldo, il pensiero va soprattutto all’innovativa sentenza con cui concluse il processo nei confronti dei Templari nel giugno 1311. In quanto responsabile del procedimento contro i templari dell’Italia settentrionale, sentenziò l’assoluzione piena dei cavalieri imputati e rigettò come prova processuale le confessioni ottenute sotto tortura. In tale processo pronunciò inoltre una chiara condanna della tortura come strumento di indagine, fatto unico in Europa, sia nel caso specifico dei processi ai Templari sia, più genericamente, nell’ambito del diritto medievale” spiega Perini.
“Garantista ante litteram, l’arcivescovo di Ravenna riteneva che “debbono essere considerati innocenti coloro per i quali è possibile dimostrare che hanno confessato solo per timore della tortura. E’ innocente anche chi ha ritirato la confessione estorta con la violenza oppure non ha osato ritirarla temendo di essere di nuovo torturato”. Il processo ravennate si concluse con la dichiarazione di innocenza di tutti i templari inquisiti, che, sottoposti a regolare processo senza lo spauracchio della tortura, si professarono innocenti. Rinaldo da Concorezzo non si lasciò intimorire dalle pressioni del Pontefice Clemente V e con fermezza decise di non ripetere il processo. Si oppose al suo tempo, rivelandosi un vero cristiano” afferma Daniele Perini.
“Al di sopra degli uomini c’è la legge. Ma al di sopra della legge c’è l’uomo. Perché la legge deve regolare la vita degli uomini, ma è anche vero che essa deve essere adattata al caso concreto. Rinaldo da Concorezzo, decidendo di non utilizzare la tortura nei processi, contravviene all’Inquisizione papale, ma afferma il primato dell’uomo sulla legge. Rinaldo afferma l’importanza dell’essere umano e della tutela della sua dignità proprio negli stessi anni in cui Dante propone una concezione modernissima della donna, angelo in senso etimologico (colei che annuncia la salvezza), tramite tra l’uomo e Dio in una concezione teorica e divina dell’amore” continua Perini.
“Va inoltre ricordato che Rinaldo da Concorezzo si dedicò con vera passione alla vita pastorale, dando nuovo impulso, in particolare, a due istituti dimenticati: le visite alle parrocchie, fondamentali per conoscere le esigenze delle comunità locali, e i sinodi o concili provinciali, avviando così una profonda opera riformatrice della Chiesa ravennate. Emerge anche qui la straordinaria modernità del suo pensiero.
“Si impegna il sindaco e la giunta
- a ricordare Rinaldo per la sua grandezza morale, per l’indomito coraggio, per la capacità di precorrere i tempi e a citarlo quale esempio anche oggi:
- ad adottare, pertanto, tutte quelle iniziative – convegni, seminari di studi, servizi giornalistici e radiotelevisivi etc – ritenute più opportune per mantenerne vivo il ricordo e l’attualità del pensiero, tenendo presente, magari, il 18 agosto, giorno a lui dedicato dalla Chiesa cattolica” conclude Daniele Perini.