“Mentre i segni del cambiamento climatico in atto procedono senza sosta nel confermare le più allarmate previsioni della scienza, e mentre nel panorama internazionale la feroce contesa per risorse energetiche fossili si traduce in sempre più preoccupanti venti di guerra, che ci stanno portando a grandi passi verso la deflagrazione totale, il nostro Paese – incurante dell’evolvere vertiginoso della scena ambientale, sociale e politica – marcia sulla strada sbagliata del forsennato incremento dell’ all’uso delle fonti fossili. Ravenna, in questo quadro, più ancora di altri territori, viene ridotta al rango di “zona di sacrificio”, dovendo ospitare, di qui a poco, sia il mostro marino chiamato rigassificatore BWSingapore, sia un ampio tratto del mostro terrestre chiamato gadotto della Linea Adriatica, con l’acquiescenza, anzi la complicità attiva dei poteri pubblici regionali e locali e di quasi tutto il ceto politico”.
Così Per il Clima – Fuori dal Fossile motiva l’esposto presentato alla Procura della Repubblica contro il rigassificatore di Punta Marina.
“Come atto di contrasto a questa tendenza (che oltre a rischiare di rovinare irreparabilmente il nostro patrimonio ambientale e la qualità della vita, ci esporrà sempre di più al pericolo di diventare bersagli di sciagurati eventi bellici o terroristici, senza contare l’impatto economico e il rischio di mettere in crisi il comparto del turismo e della pesca che vivono e prosperano grazie alla qualità del nostro mare), un gruppo di cittadine e cittadini vicine alle attività della Campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile”, che da alcuni anni sta organizzando senza sosta manifestazioni e varie azioni di approfondimento sulla necessità assoluta di intraprendere la via dell’uscita dalla schiavitù del fossile, con l’assistenza legale dell’ Avvocato Andrea Maestri, ha inoltrato un esposto alla Procura della Repubblica, per chiedere che le autorità preposte si attivino, al fine di verificare se vi siano elementi di illegittimità nello stato di realizzazione del progetto, e se non si ravvisino ipotesi di reato”.
L’esposto, che richiama le osservazioni già esternate il 24 agosto 2022 nell’ambito del procedimento amministrativo commissariale, ripercorre la “storia” del progetto ricordando le norme di legge che, a partire dalla Costituzione della Repubblica, sostengono i proponenti “sono state probabilmente interpretate in maniera arbitraria, calando le osservazioni nello specifico della realtà del territorio ravennate e dei rischi già esistenti”.
Viene inoltre analizzato il contesto economico delle imprese private a vario titolo coinvolte nella realizzazione dell’opera, e viene portata l’attenzione su due aree ritenute di possibile rilevanza penale, cioè la procedura di collaudo “non a norma e lo spostamento delle infrastrutture a terra senza nulla osta ministeriale”. Elementi che hanno portato anche ad un’interrogazione regionale, nella quale si sottolineava la contraddizione fra le disposizioni emanate in diversi momenti per la realizzazione dell’opera.
“Non sappiamo ovviamente se la Procura riterrà opportuno prestare attenzione a questa denuncia. Ma nell’interesse generale della popolazione ravennate e del diritto delle future generazioni a vivere in un ambiente sano, liberandosi dalla vera e propria dittatura esercitata dal profitto dei colossi dell’estrattivismo, il gruppo di cittadine e cittadini promotori dell’esposto, ha deciso di prendere parola e non lasciare nulla di intentato”.