La Corte d’assise d’appello di Bologna ha deciso di dare incarico per una nuova perizia fonica sulla voce del telefonista che, a suo tempo, ai familiari chiese il riscatto di 300 milioni di lire per la liberazione di Pier Paolo Minguzzi, 21enne di Alfonsine (Ravenna) studente universitario, figlio di imprenditori dell’ortofrutta e carabiniere di leva a Bosco Mesola (Ferrara) rapito e ucciso nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1987 mentre rincasava dopo avere riaccompagnato la fidanzata. I suoi aguzzini infine lo gettarono nel Po di Volano da dove il corpo riaffiorò l’1 maggio successivo.
Due gli esperti individuati dalla Corte bolognese: sono entrambi professori dell’università di Milano e di quella di Catania.
Il quesito finale verrà loro formulato nell’udienza fissata al 17 ottobre.
Tre gli imputati, tutti assolti in primo grado il 22 giugno 2022, dopo poco più di un’ora di camera di consiglio, “per non avere commesso il fatto” a fronte di tre richieste per altrettanti ergastoli. Si tratta di due ex carabinieri al tempo in servizio alla caserma di Alfonsine: il 59enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno (avvocato Gianluca Silenzi) e il 58enne Orazio Tasca, originario di Gela (Caltanissetta) ma da anni residente a Pavia (avvocato Luca Orsini). E dell’idraulico del paese: il 67enne Alfredo Tarroni (avvocato Andrea Maestri).
Chi aveva rapito Minguzzi, aveva continuato per tutti il tempo a chiedere il riscatto ben sapendo che fosse già morto.
Durante il processo di primo grado, il consulente nominato dal Pm Marilù Gattelli, l’ingegner Sergio Civino, era giunto alla conclusione di una forte corrispondenza tra la voce del telefonista e quella di Tasca. Il perito nominato dalla Corte d’Assise ravennate, il professor Luciano Romito, si era espresso invece nella direzione opposta.