E’ quanto dopo quasi quattro ore di requisitoria ha chiesto il pm Marilù Gattelli per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi, il carabiniere di leva a Bosco Mesola (Ferrara) sequestrato a scopo di estorsione (300 milioni di lire), zavorrato a una pesante grata e gettato nel Po di Volano a 21 anni la notte del 21 aprile 1987 mentre rincasava dai suoi familiari, facoltosi imprenditori del settore ortofrutticolo di Alfonsine, nel Ravennate.
Nella richiesta della Procura, anche la trasmissione atti per la falsa testimonianza di un carabiniere all’epoca in servizio nella zona e la valutazione di eguale segno lasciata alla Corte d’Assise di Ravenna per un altro militare dell’Arma, all’epoca alto ufficiale ora in congedo.
Alla sbarra per quello che è stato presentato come uno dei cold case più antichi d’Italia, ci sono due ex carabinieri all’epoca in servizio alla caserma di Alfonsine: Orazio Tasca, 57enne originario di Gela (Caltanissetta) oggi residente a Pavia, e Angelo Del Dotto, 58enne di Palmiano (Ascoli Piceno). E infine c’è l’idraulico del paese, il 66enne Alfredo Tarroni. Per il Pm, “tutte le aggravanti sussistono: sevizie, crudeltà, motivi abbietti, minorata difesa”. Tutti per l’accusa hanno partecipato al delitto spinti da un movente economico: “Tasca è il telefonista, Del Dotto la sua ombra e Tarroni la mente”.
Nella prossima udienza, fissata per l’8 giugno, si comincerà con le arringhe degli avvocati di parte civile. In passato i tre imputati erano stati condannati, con pene già espiate, per la tentata estorsione a un altro imprenditore ortofrutticolo di Alfonsine (Contarini) sempre da 300 milioni di lire nell’ambito della quale, durante un appostamento, la notte del 13 luglio 1987 fu ucciso il carabiniere 23enne Sebastiano Vetrano originario della provincia di Caserta e in servizio a Ravenna.
(Fonte ANSA)