«Il Consorzio Solco Ravenna, con un nuovo comunicato stampa, inspiegabilmente quasi con toni trionfalistici che stentiamo sinceramente a condividere, annuncia ufficialmente l’assunzione di 36 infermieri di nazionalità tunisina e albanese.
Inevitabilmente questi colleghi, contro i quali certo non abbiamo nulla, dovranno innanzitutto sostenere un corso per imparare la nostra lingua, indispensabile per cominciare a lavorare a contatto diretto con soggetti fragili e con anziani, dal momento che sono destinati a strutture della sanità privata di una Emilia Romagna che paga lo scotto di una carenza di personale che ha messo in ginocchio il sistema delle Rsa del centro-nord.
Ma non basta certo un mero corso on line per inserire un infermiere straniero in un sistema sanitario complesso come il nostro, che necessita come il pane di figure professionali sempre più specializzate, al cospetto di una popolazione destinata inesorabilmente all’invecchiamento, un sistema nel quale professionisti extracomunitari, seppur supportati da una laurea conseguita nel loro paese di origine, andrebbero formati e verificati ad alti livelli, non di meno sotto il profilo comunicativo, atteso il delicato lavoro che li aspetta, con soggetti fragili ed anziani.
Vorremo far notare a qualcuno che c’è davvero poco di cui essere entusiasti, in una Emilia Romagna dove i nostri infermieri si vedono bloccare le ferie da ben due anni, e dove, così come in tante altre Regioni, tra turni massacranti, demansionamenti, stipendi tra i più bassi d’Europa, nonché violenze fisiche e psicologiche consumate ogni giorno nelle corsie, la valorizzazione è ai minimi termini, per non parlare del numero preoccupante di dimissioni volontarie di professionisti, maturate nel primo semestre del 2021.
Avete capito bene, molti infermieri, ingabbiati in una realtà desolante, stanno decidendo addirittura di cambiare vita, e qui da noi il rimedio è semplicemente uno: sostituirli con infermieri extracomunitari».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Che fine hanno fatto, se parliamo come in questo caso di sanità territoriale e di strutture private, quelle prospettive presentate in pompa magna dal nuovo Pnrr, con la Missione 6, alla luce degli oltre 4 milioni di euro a disposizione?
Ma come, non era questa una occasione da non perdere per ricostruire il rapporto tra la nostra fragile sanità e il cittadino?
Pochi giorni fa abbiamo evidenziato come l’Olanda, insieme a molte altre nazioni del Vecchio Continente, sta provando a pescare infermieri, a piene mani, dal nostro Paese perché, ahimè, forse siamo gli unici a non esserci accorti, incredibilmente, che le migliori professionalità infermieristiche d’Europa le abbiamo in casa nostra.
Paradosso dei paradossi, paesi come l’Olanda, oltre a stipendi che per noi rappresentano vere e proprie chimere, garantiscono ai nostri giovani una formazione linguistica dal vivo, tutta spesata, e addirittura un percorso di integrazione socio-culturale, dal momento che la comunicazione viene ritenuta, non a torto, un aspetto chiave della figura dell’operatore sanitario moderno.
Ma chi di noi, lo dica sinceramente, affiderebbe senza pensieri un proprio congiunto anziano, un padre, un fratello, un bambino, un malato cronico, nelle mani di un infermiere che, con tutto il rispetto, mastica a stento la nostra lingua e che ha solo sostenuto un “corsetto” on line dopo essere arrivato nel nostro Paese senza alcuna conoscenza delle problematiche specifiche della nostra realtà sanitaria?
Inoltre, insiste De Palma, vorrei ricordare che gli infermieri italiani sono tra i pochi, in Europa, ad avere la qualifica accademica di dottore: far arrivare nel nostro Paese infermieri extracomunitari, con tutto il rispetto per queste persone, senza garantire un elevato profilo comunicativo, indispensabile quando si deve avere a che fare con persone anziane, ma anche bambini e altri soggetti fragili, non rappresenta certo la soluzione della svolta, come qualcuno vorrebbe farci credere.
Si guardi alla radice dei problemi e delle piaghe che ci affliggono, si guardi a quelle disastrose gestioni pre e post pandemia. Ci si interroghi fino in fondo, senza cercare le solite toppe per coprire quelle che sono diventate vere e proprie voragini.
Lasciamo scappare i nostri professionisti migliori e pensiamo di tappare la falla assumendo colleghi stranieri! Qualcosa non torna, non c’è dubbio.
“Urliamo” a gran voce, da tempo, la necessità dello sblocco di quel vincolo di esclusività che permetterebbe ai 280mila infermieri assunti nella sanità pubblica, di offrire il loro supporto alle febbricitanti realtà della sanità privata, retribuiti adeguatamente, fuori dagli orari ospedalieri, ma niente! Solo temporanee deroghe, che peraltro sono talmente limitanti, da non consentire nemmeno di garantire la copertura di un solo turno di servizio nelle RSA.
Cosa aspettiamo ad aprire la strada alla libera professione per gli infermieri italiani pubblici dipendenti? Cosa aspettiamo a mettere in atto l’indispensabile piano di inserimento degli infermieri di famiglia per supportare anziani e soggetti fragili?
E scusateci se ci chiediamo, per l’ennesima volta, dove stiamo andando. Con questi fatti non è certo mera retorica», chiosa De Palma.