Il 16 ottobre scorso, Lista per Ravenna ha rivolto al sindaco un’interrogazione su una “Moschea fuori posto nella nuova Darsena”, segnalando che a fianco del canale Candiano, in via Giovanni Miserocchi n. 3, è situata da molti anni, in una palazzina residenziale, una “sala di preghiera” che, funzionando come moschea, occupa non solo il proprio ristretto spazio interno, ma anche il portico esterno di uso pubblico.
Abbiamo dimostrato con foto, raccogliendo le proteste di residenti sul posto, che mussulmani in preghiera o seduti a terra stazionano nel portico abitualmente, creando assembramenti ed ostacolando il transito delle persone, l’accesso al parcheggio privato delle biciclette e l’ingresso all’edificio. Il numero dei frequentanti è elevato in proporzione alle dimensioni minime del locale.
Abbiamo perciò chiesto, tra l’altro, al sindaco se la “sala di preghiera” fosse compatibile con la destinazione urbanistica dell’edificio, in caso contrario disponendo i provvedimenti dovuti. Non essendoci pervenuta risposta entro i 30 giorni di legge, ci siamo rivolti al comandante della Polizia locale Andrea Giacomini per ottenere i dovuti chiarimenti. La sua risposta (Risposta Giacomini su moschea fuori posto), datata oggi 22 dicembre, è stata la seguente: “I locali di via Miserocchi, utilizzati quali luogo di culto islamico come moschea, furono oggetto di segnalazione, nel mese di aprile 2018, sia all’Autorità di Pubblica Sicurezza che all’Agenzia delle Entrate, Direzione dei Servizi Catastali, riguardo anche alla valutazione in ordine al cambio di destinazione d’uso da Negozio (categoria C/1) a Luogo di Culto (categoria E/7). Sempre all’inizio del 2018 fu notiziata l’Autorità Giudiziaria riguardo a modalità di culto irregolari accertate dal Corpo di Polizia Locale di Ravenna”. Alla Polizia Locale stessa risulta informalmente che sia stato applicato al riguardo un decreto penale di condanna di natura contravvenzionale.
Perdurando tuttavia la situazione, e verificandosi dunque la reiterazione del reato, un’ulteriore azione di polizia potrebbe però avere esiti più drastici, fino al sequestro dell’immobile.
Non mettendo in discussione il diritto, riconosciuto a tutti in Italia, di professare la propria religione secondo i suoi riti, bensì di farlo nel rispetto delle norme di legge e della convivenza civile, rinnoviamo ora al sindaco l’altra richiesta, formulata con l’interrogazione del 16 ottobre: proporre alla comunità mussulmana che fruisce dell’immobile nella zona della nuova Darsena la ricerca di un edificio più idoneo, non escludendo di esaminare quelli di proprietà comunale in disuso e da riadattare, alcuni dei quali peraltro, offerti tramite avviso pubblico, non hanno interessato nessuno disposto a prenderne in carico uno.