“Le dosi fatali di metadone assunte da Matteo Ballardini provenivano direttamente dal Sert di Ravenna”. Nuovo capitolo nelle indagini attorno alla morte di Matteo Ballardini, il 19enne lughese lasciato morire dagli amici in auto in preda ad un malore dopo aver assunto alcool e droghe.

La magistratura di Ravenna ha infatti notificato a tre persone l’avviso di fine indagini preliminari riguardanti la provenienza delle sostanze assunte dai ragazzi durante quella serata di metà aprile di due anni fa. Si tratta di Beatrice Marani, la 23enne di Lavezzola, considerata a capo del gruppo di amici che abbandonò Ballardini e accusata di aver fornito le sostanze stupefacenti al ragazzo, la zia della ragazza, all’epoca dei fatti infermiera responsabile all’Ausl di Imola e una psichiatra del Sert di Ravenna.

Le tre donne sono indagate per aver sottratto all’azienda sanitaria le dosi di metadone spacciata da Beatrice Marani, dosi che, secondo gli inquirenti, sarebbero entrate in possesso della 23enne grazie alla contraffazione di alcuni certificati medici. Alle prime due accuse, va aggiunto la prescrizione abusiva di sostanze stupefacenti.

Secondo l’accusa, la dottoressa aveva iniziato a seguire Beatrice Marani all’interno del servizio di tossicodipendenze, ma in maniera difforme dalle normali procedure, ovvero in forma “anonima”, perché parente di altri dipendenti dell’azienda sanitaria. La ragazza era così stata identificata con una sigla e le dosi di metadone non le venivano consegnate direttamente. Secondo la ricostruzione dei magistrati era appunto la zia a ritirare i farmaci, senza per di più nessuna delega scritta. I farmaci venivano poi consegnati alla ragazza che, e questa è l’accusa più grave, li spacciava nel territorio lughese. In quel periodo infatti sembrerebbe che le forze dell’ordine avessero riscontrato un elevato uso di metadone nel territorio, dosi dalle quali veniva cancellata l’etichetta che ne segnala la provenienza, come per la boccetta ritrovata nell’auto dove morì Ballardini.

Venuta a conoscenza della chiusura delle indagini, l’azienda sanitaria ha fornito all’autorità giudiziaria la massima disponibilità e inoltre si attiverà nei modi e nelle forme previste dal proprio regolamento.