“La pandemia ha fatto regredire di 12 anni la pratica sportiva giovanile in Italia. Sono queste le conseguenze della gestione covid-19 sullo sport di base e soprattutto giovanile, fotografate dal Rapporto CONI-Istat sui Numeri dello Sport 2019-2020. “Gli impatti generati dalla pandemia da COVID-19 sull’attività federale hanno riportato nel 2020 il numero di atleti tesserati delle FSN e DSA ai livelli del 2008. E’ prevedibile che per il 2021 e 2022 si registreranno un’ulteriore perdita di tesserati e affiliati “. Siamo tornati indietro di 12 anni nel numero di giovani che praticano sport, 12 anni nei quali il trend di pratica sportiva era sempre stato positivo. Nel 2020 il movimento sportivo italiano ha perso 1 milione e 760 mila tesserati, scendendo a 13 milioni 113 mila persone tesserate in 115 mila società sportive. Si legge nel rapporto che: “Gli effetti della pandemia da COVID-19 e il primo lockdown hanno inevitabilmente influenzato le attività federali, in particolar modo quelle di carattere promozionale-scolastico”. E non si tratta di numeri destinati a un rimbalzo immediato perché nel frattempo le Associazioni Sportive dilettantistiche iscritte al Registro del CONI sono 115.469 (Soggetti giuridici distinti) e rispetto al 2019 ne sono scomparse oltre 5 mila.
La principale causa che ha determinato nel 2020 la diminuzione degli atleti e degli operatori sportivi tesserati è riconducibile per le federazioni all’impossibilità di poter svolgere attività non agonistica nei luoghi al chiuso o attività didattica-promozionale nelle palestre scolastiche. Per chi non se lo ricordasse, erano i tempi delle capziose distinzioni tra attività agonistica e amatoriale, di sport di interesse nazionale o meno, di sport di contatto e non e di sindaci e presidi che aprivano o chiudevano gli impianti sportivi in base alla propria, personale, sensibilità.
Le previsioni per il futuro non sono certo migliori, se come afferma il rapporto Coni nella sua prefazione: “È prevedibile che per il 2022 si registrerà un’ulteriore perdita di tesserati e affiliati”, bisogna quindi prendere coscienza, a livello politico, che ci vorranno immani sforzi per riportare quel 1 milione e 760 mila persone a fare sport. Le società e gli amministratori locali sono i soggetti chiamati direttamente in causa, perché c’è una diretta correlazione tra la possibilità di pratica sportiva in età giovanile e le condizioni socio-economiche di un territorio, e perché la pratica sportiva giovanile è prima di tutto una questione di prossimità, e laddove scompare una società sportiva, cessano le opportunità di fare sport. Le società sportive sono prima di tutto soggetti no profit a carattere volontaristico, e l’aggravio di incombenze fiscali e burocratiche che comporterà la riforma Spadafora sarà un ulteriore bastone tra le ruote al raggiungimento di obbiettivi concreti. Non ultima la crisi economica e l’emergenza bollette che ha fiaccato le possibilità delle aziende di fare sponsorizzazioni ed aggravato i costi della gestione delle Associazioni Sportive, costi che, a meno di aiuti da parte di Governo e Enti Locali verranno riversati sulle rette di iscrizione, con un ulteriore effetto boomerang sui tassi di tesseramento.”