Giannantonio Mingozzi, da sempre strenuo difensore del comparto off-shore dell’economia ravennate, considera deleterio l’ultimo compromesso raggiunto in sede governativa sulle estrazioni; fermare per 18 mesi ricerche in mare e coltivazioni di idrocarburi, particolarmente in Adriatico, vuol dire rinunciare ad investimenti e posti di lavoro, favorire quei paesi che potenziano le estrazioni in Adriatico e poi ci rivendono a caro prezzo il gas che cii appartiene.
In definitiva vuol dire sancire lo stato di crisi di uno dei più importanti settori economici del paese e dell’imprenditoria ravennate. L’impegno di sindaco e vicesindaco, l’appello a difendere le nostre imprese e la volontà di manifestare a Roma sono condivisibili ma occorre anche a Ravenna estendere quella consapevolezza sull’argomento ancora flebile da parte dell’opinione pubblica e di alcune associazione d’impresa che ancora non hanno chiaro i rischi che corriamo come famiglie, come occupati e come tenuta del sistema imprenditoriale. Rispetto alla mobilitazione di tre anni fa contro il referendum, il pericolo che incombe oggi sull’oil&gas è ancora più grave se consideriamo le diatribe nel governo e la scarsa conoscenza del contesto internazionale in materia di energia e di approvvigionamenti.
Se Torino, i cittadini, la società nel suo insieme è riuscita a riempire la piazza a difesa della TAV analoga manifestazione dovremmo pensare per Ravenna perché l’oil&gas, in una ipotetica analisi costi-benefici, vale il futuro di molti giovani e la tutela delle famiglie ravennati.