E’ straordinario il percorso compiuto negli ultimi anni da Istituzioni, Flaminia e Alma Mater affinchè il Centro Ricerche Ambientali di Marina venisse salvato e rilanciato, dopo lunghe traversie, da una inesorabile scomparsa, afferma Giannantonio Mingozzi.
Un’operazione portata a termine con risorse pubbliche e private che Comune, Regione e Fondazione Universitaria hanno guidato in modo magistrale e che oggi permette alla Ravenna universitaria ed imprenditoriale di poter contare su una sede di ricerca industriale aperta e capace di produrre brevetti e attrarre interessi dal mondo dell’energia e dalle scienze ambientali marine e terrestri.
Un grande risultato che dimostra la crescita continua del campus e l’intenzione di rendere produttiva ricerca e laboratori anche per accrescere i tecnici di nuova generazione impegnati nei grandi lavori imminenti come i fondali del porto o le infrastrutture di collegamento.
Complimenti ad Andrea Contin che ha saputo coinvolgere Eni e Fraunhofer, colossi della ricerca applicata, ma il pensiero va soprattutto a Raul Gardini. La sua intuizione che ha impegnato Montedison a muovere i primi passi del centro trent’anni fa e poi ad inaugurarlo con l’Università, Roversi-Monaco presente, e con il Comune proprietario dell’area, colse in pieno quell’esigenza di rendere meno dipendente e più autorevole la ricerca in proprio su chimica, nuovi materiali, riconversione di derivati dalla produzione agricola, etanolo ed altre produzioni “verdi”.
Un’ispirazione che poggiava sul lato ravennate del “quadrilatero” e su una volontà di ferro per mettere quegli strumenti al servizio della crescita economica del Paese, come disse quando gli venne conferita a Bologna la Laurea ad Honorem.
Mi permetto di suggerire a tutti gli enti che si sono prodigati per fa rivivere quel sogno di Gardini che proprio a lui andrebbe intitolato il Centro, perché senza quella caparbietà e volontà di disegnare nuove frontiere oggi a Marina non avremmo una sede così qualificata e utile alla ricerca italiana ed europea.
Un’operazione portata a termine con risorse pubbliche e private che Comune, Regione e Fondazione Universitaria hanno guidato in modo magistrale e che oggi permette alla Ravenna universitaria ed imprenditoriale di poter contare su una sede di ricerca industriale aperta e capace di produrre brevetti e attrarre interessi dal mondo dell’energia e dalle scienze ambientali marine e terrestri.
Un grande risultato che dimostra la crescita continua del campus e l’intenzione di rendere produttiva ricerca e laboratori anche per accrescere i tecnici di nuova generazione impegnati nei grandi lavori imminenti come i fondali del porto o le infrastrutture di collegamento.
Complimenti ad Andrea Contin che ha saputo coinvolgere Eni e Fraunhofer, colossi della ricerca applicata, ma il pensiero va soprattutto a Raul Gardini. La sua intuizione che ha impegnato Montedison a muovere i primi passi del centro trent’anni fa e poi ad inaugurarlo con l’Università, Roversi-Monaco presente, e con il Comune proprietario dell’area, colse in pieno quell’esigenza di rendere meno dipendente e più autorevole la ricerca in proprio su chimica, nuovi materiali, riconversione di derivati dalla produzione agricola, etanolo ed altre produzioni “verdi”.
Un’ispirazione che poggiava sul lato ravennate del “quadrilatero” e su una volontà di ferro per mettere quegli strumenti al servizio della crescita economica del Paese, come disse quando gli venne conferita a Bologna la Laurea ad Honorem.
Mi permetto di suggerire a tutti gli enti che si sono prodigati per fa rivivere quel sogno di Gardini che proprio a lui andrebbe intitolato il Centro, perché senza quella caparbietà e volontà di disegnare nuove frontiere oggi a Marina non avremmo una sede così qualificata e utile alla ricerca italiana ed europea.