Il 12 e 13 maggio del 1974 si tenne il primo Referendum abrogativo della storia repubblicana: 19 milioni di italiani (il 59,1%) dissero NO all’abolizione della legge 898 Fortuna-Baslini che il Parlamento aveva approvato quattro anni prima, e 13 milioni votarono SI (il 40,9%); a Ravenna i NO furono il 79,73%, cioè 71.657 voti, i SI il 20,27, 18.219 voti. “Il risultato nel comune di Ravenna per il NO fu tra i più alti d’Italia come pure l’affluenza, in difesa di una legge che salvaguardava il diritto di scelta, aspramente combattuta dal comitato di ispirazione cattolica guidato da Amintore Fanfani assieme al Movimento Sociale ed ai monarchici” sottolinea per il PRI Giannantonio Mingozzi. “Per molti di noi, allora ventenni o giù di lì, fu la prima vera esperienza di partecipazione ideale e politica, nel pieno degli anni di piombo e ancora avvolti dalla contestazione studentesca, ma convinti che la concezione democratica e laica dei diritti civili avrebbe trionfato”. “Dunque cosa ricordare dopo 50 anni, continua l’esponente dell’Edera, che possa essere d’aiuto alle coscienze di oggi ed alla memoria ravennate? Mi piace sottolineare tre aspetti di quella battaglia referendaria alla quale seguì poi la riforma del diritto di famiglia. Il primo, l’invito della CEI (i vescovi italiani) a scendere in campo per l’abrogazione non provocò una guerra di religione, ma grazie ad alcuni esponenti prestigiosi, tra i quali l’Arcivescovo di Ravenna mons. Salvatore Baldassarri, il confronto divenne sereno e civile; lo intervistammo, assieme a Mauro Mazzotti e le sue risposte, pur allineate all’ufficialità della Chiesa, mostrarono una schietta disponibilità al dialogo e la sincera preoccupazione di evitare nuove crociate, per questo lo ringraziammo. Come fummo grati ad Aldo Preda per aver raccolto alcune centinaia di adesioni di cattolici ravennati (tra i quali 47 sacerdoti) per il “NO all’abrogazione”, un atto di coraggio che volle affermare i valori di convivenza civile e di libertà religiosa essenziali per la democrazia. Il secondo: il fronte del NO, composito e variegato, chiamò a Ravenna i massimi esponenti politici di allora, da Ugo La Malfa e Oddo Biasini a Enrico Berlinguer, ed altrettanto si caratterizzò lo schieramento del si; un manifesto, conservato nella redazione ravennate di Libro Aperto, rende l’idea del massimo impegno profuso dalle forze di ispirazione laica e democratica con il comizio finale tenuto a Roma dallo stesso La Malfa con Malagodi, Nenni, Parri e Saragat. Il terzo, conclude Giannantonio Mingozzi, fu la straordinaria partecipazione dei giovani ad ogni iniziativa, dall’incontro con Marco Pannella il 10 marzo alla Casa dello Studente, al comizio di Antonio Baslini il 7 maggio in piazza XX settembre, e infine quella tenda dei giovani repubblicani che per dieci giorni, 9 febbraio compreso, in via Diaz, ricordò ai ravennati di esprimere UN SERENO NO DALLA COSCIENZA UMANA DEL PAESE, con l’auspicio che ci inviò Giovanni Spadolini per “un Tevere più largo”.