Il presidente della Regione Bonaccini ha annunciato ieri che la propria amministrazione ha messo gratuitamente a disposizione “per tutti i cittadini dell’Emilia-Romagna” una prima fornitura di tre milioni di mascherine, aggiungendo che “a partire da mercoledì, le mascherine saranno distribuite ai Comuni tramite la rete della Protezione civile regionale dei COC, i Centri operativi comunali”.
A chi saranno distribuite? Il presidente ha spiegato che “un milione di mascherine viene destinato al sistema delle imprese, per garantire il rispetto dei rigidi requisiti di sicurezza qualora dovessero concretizzarsi ipotesi di graduali riaperture in alcuni comparti economici”. Col resto occorre prima di tutto pensare “a tutto il personale sanitario, dei servizi socio-assistenziali (Case riposo anziani e Case famiglie) e delle professioni sanitarie”.
Se le mascherine verranno assegnate ai Comuni in proporzione alla quantità degli abitanti, è certo che, al netto delle priorità di cui sopra, Ravenna ne avrà un numero non sufficiente a distribuirne una per residente (157.663) e neanche una per famiglia (74.217). Bonaccini, lasciando ai Comuni la patata bollente di come distribuire le mascherine alla cittadinanza in generale, ha indicato “che potranno passare anche per le farmacie e parafarmacie o punti come edicole e tabaccherie”. Sui social il tema è immediatamente divampato. La scelta, difficilissima perché alte sono l’urgenza e le attese, nonché meritevole di essere meditata e condivisa a largo raggio, non si presta a ragionamenti istantanei. Volendo comunque collaborare serenamente col sindaco, pur dai banchi dell’opposizione, mi sento di esprimergli alcune elementari indicazioni di massima.
- Per i professionisti e gli operatori dei servizi sanitari e socio-assistenziali potranno ovviamente essere il Dipartimento di Ravenna dell’AUSL e il Servizio sociale del Comune stesso a raccogliere le richieste di mascherine, a valutarle e a quantificarne i bisogni, eventualmente provvedendo allo smistamento.
- Non affiderei la distribuzione a esercizi commerciali di alcun genere, neanche a quelli indicati dalla Regione, perché potrebbe incentivare l’uscita di casa “per motivi di salute”, con la formazione di file o di gruppi di cittadini in attesa non facilmente distanziabili. Quante mascherine distribuire a ciascun esercizio sarebbe difficile da valutare (a chi troppe, a chi poche). Non potrebbe impedirsi che ad ogni persona ne venga data più di una, anche recandosi in più posti di distribuzione. Eccetera.
- Eviterei, durante l’emergenza coronavirus, consegne porta a porta che non siano affidate a Poste Italiane coi “postini” che fanno ordinariamente questo lavoro, adeguatamente protetti dal rischio di contagio. Significherebbe mettere più gente per strada, con altri maggiori problemi.
- Affiderei dunque a Poste Italiane la consegna a domicilio di una mascherina per ciascuno dei 40.639 anziani con più di 65 anni, ritenuti più bisognosi di protezione dai contatti sociali e ai quali si fanno maggiori invocazioni e suppliche di non uscire di casa. Il loro elenco e i loro indirizzi sono immediatamente disponibili per l’Amministrazione, potendo essere stampati meccanicamente su busta in poche ore.
- Mi preoccuperei anche degli operatori degli esercizi commerciali e artigianali esposti ai contatti fisici coi loro clienti. Le loro associazioni potrebbero rilevarne le carenze di mascherine e segnalarle all’Amministrazione, eventualmente provvedendo alla consegna.
- Infine, farei capo agli uffici delle 10 aree territoriali del Comune di Ravenna, in collaborazione coi presidenti dei rispettivi Consigli, per raccogliere le richieste dei loro cittadini impossibilitati a dotarsi in proprio di mascherine, organizzandone il recapito tramite le associazioni di volontariato o singoli volontari.
Sono solo idee, senza pretesa che, riflettendoci più a fondo e con i necessari apporti tecnici, non esistano soluzioni migliori. Da prendere dunque per quello che sono: semplici spunti di collaborazione.