La situazione sta diventando veramente preoccupante per il nostro porto. Il PIL (cioè la produzione di risorse) dell’Emilia-Romagna ha avuto un calo del -47% nei primi sei mesi. Non si vedono all’orizzonte spiragli per un’inversione di marcia, tanto meno aiuti statali, regionali o comunali per quelle aziende che a settembre, dopo i pagamenti delle tasse, vedranno i loro conti in negativo, con un calo di fatturato dal 30% al 50% rispetto al 2019. Tutti concordano che i 209 miliardi degli aiuti europei all’Italia siano gestiti dalle Regioni ed in particolare da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che da sole contribuiscono a circa il 50% del PIL nazionale. Ma il governo sta prendendo misure che non prevedono tale opzione.
Il nuovo finanziamento governativo di 85 milioni al porto di Ravenna, che si aggiungono ai 285 già in cassa dell’Autorità portuale per investimenti che comunque vedranno le prime lucine tra anni, sono bene accetti. Ma è una follia (o forse una congiura) che 40 servano a portare i fondali a -14,5 metri solo per ingrassare gli interessi politico-economici dei soliti noti, rispetto al ragionevole -12,5 raggiungibile tra non meno di sette anni. E intanto la vista di gran parte delle gru ferme nel porto conferma che l’arrivo delle navi è ulteriormente franato. Mentre in certi giorni se ne vede una sola, l’Autorità portuale pubblica che il decremento sul 2019 è stato del 18,3%, addirittura -25,6% sulle merci movimentate. I soliti noti ci cantano di una ripresa solo perché in aprile questo dato era stato di -28,9%. Ma le previsioni da qui a tutto il 2021 ci dicono che se ne potrà recuperare appena il 7,2%. Sarà notte sempre più fonda.
Diventa perciò sempre più impellente la richiesta di tavoli tecnici anticrisi lanciata da sindacati e operatori portuali, finora non ascoltati, atti a produrre interventi ed opere immediati volti a sollevare aziende e posti di lavoro dalla rotta di collo. Lista per Ravenna è stata finora l’unica forza politica ad invocarli, consapevole che ne va del porto stesso e dell’intera economia della nostra città. Occorre che le istituzioni pubbliche si confrontino seriamente con chi rappresenta gli utenti del porto, imprese, operatori e lavoratori, perseguendo l’obiettivo di orientare la valanga di milioni già in cassa o in arrivo verso il sovvenzionamento, secondo le linee che Lista per Ravenna ha suggerito, dell’import e dell’export delle merci, altrimenti destinati al precipizio. Il porto di Genova congestionato e con problemi seri per i trasporti ha indotto alcune grandi compagnie di navigazione a proporre scali alternativi, tra cui Ravenna. Perdere anche questo treno sarebbe un suicidio.