E’ stato inviato questa mattina un nuovo documento “Ripartire ora e subito per salvare la piccola e media impresa”, realizzato congiuntamente da Confcommercio e Confesercenti della provincia di Ravenna per convincere il Governo a cambiare registro: nel rispetto delle misure di sicurezza, tutti i settori del commercio, dei pubblici esercizi, del turismo e dei servizi alla persona devono poter rimanere aperti.
Il documento è stato inviato al Presidente del Consiglio Mauro Draghi, ai Ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, al Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, al Presidente della Provincia e Sindaco di Ravenna Michele de Pascale, ai parlamentari locali, ai consiglieri regionali, ai partiti nazionali e locali.
Il documento dei Presidenti Confcommercio e Confesercenti provincia di Ravenna, Mauro Mambelli e Monica Ciarapica contiene una serie di riflessioni, valutazioni e proposte sullo stato di emergenza sanitaria in atto ed in particolare sulla situazione di disagio e sofferenza di una categoria ormai allo stremo come quella dei pubblici esercizi.
Di seguito il testo del documento.
“Con il presente documento, intendiamo sottoporre alla Vostra attenzione una serie di riflessioni, valutazioni e proposte sullo stato di emergenza sanitaria in atto che coinvolge le nostre imprese ed in particolare sulla situazione di sofferenza di una categoria come quella dei pubblici esercizi, particolarmente colpita dalle restrizioni e con l’incertezza di non sapere ancora quando potrà riaprire.
Abbiamo già manifestato più volte, a tutti i livelli, il nostro profondo disagio, ma continueremo a farlo perché, viste le prolungate misure restrittive, ora le nostre imprese sono in pericolo di non riuscire più a sopportare questa situazione, è in gioco la loro stessa esistenza.
Fin dall’inizio della pandemia come Confcommercio e Confesercenti della provincia di Ravenna, principali associazioni di rappresentanza dei settori del commercio, turismo, servizi e piccole imprese in generale, ci siamo posti l’obiettivo (intendendo questo come primo dovere di imprenditori) di come tutelare al massimo la salute delle persone, mettendo in atto con responsabilità ogni presidio necessario all’interno delle nostre strutture.
A oltre un anno di distanza dal lockdown del marzo 2020, siamo ancora fermamente convinti che questa era ed è la strada giusta, perché tutelare le persone significa tutelate il nostro sistema sanitario ed ospedaliero, e quindi medici, infermieri personale sanitario, a cui va tutta la nostra riconoscenza per il gravoso lavoro svolto e per la dedizione profusa.
Non si può, però, tacere sulle gravose difficoltà che hanno incontrato nei mesi scorsi le piccole e medie imprese, anche a livello di comprensione delle decisioni messe in atto dal Governo Conte, in particolare sui tempi di adozione dei provvedimenti che molto spesso non hanno consentito di organizzare il proprio lavoro.
Per dirla, senza troppi giri di parole, è da oltre un anno (escluso il breve periodo estivo 2020) che le nostre imprese del commercio ed in particolare i pubblici esercizi, hanno aperto e chiuso nell’arco di pochi giorni, senza alcuna possibilità di programmare e organizzare il lavoro, aumentando i costi di gestione così come il rischio di deperimento delle merci.
Analoga sofferenza per il settore alberghiero, che nel 2020 si è chiuso con un calo di fatturato importante che nella città d’arte raggiunge punte di oltre il 70% rispetto all’anno precedente.
Chiusure obbligatorie imposte dai DPCM, blocchi alla mobilità tra Regioni e tra Comuni e chiusure delle attività del mondo della cultura hanno fortemente penalizzato il settore turistico ricettivo che, se formalmente potrebbe restare aperto, nei fatti non può farlo perché gli alberghi sono praticamente irraggiungibili alla clientela.
Un’angoscia che riguarda altre tipologie di attività praticamente inattive da oltre un anno, come palestre, locali da ballo ed intrattenimento, organizzazione di spettacoli ed eventi.
Per un imprenditore è importante la dignità di poter lavorare, in sicurezza, per programmare un futuro diverso di solida ripartenza.
Si, perché per la ripartenza sono insufficienti (e in ritardo) i contributi che il Governo ha messo a disposizione di imprese e partite Iva con il Decreto ‘sostegni’. Non si può pensare che gli indennizzi che andranno a coprire dal 3,3 al 5 per cento della perdita complessiva di fatturato di un’azienda, possano dare un qualche sollievo al sistema delle piccole e medie imprese.
Già lo scorso anno i ristori hanno coperto una minima parte del calo di fatturato delle aziende, adesso le nuove misure coprono solo una piccolissima percentuale del danno dovuto all’emergenza sanitaria. Non può essere solo questo l’intervento a favore delle imprese, ce ne devono essere assolutamente altri per cercare di compensare questa catastrofe.
Non dimentichiamo che molti imprenditori hanno messo mano alle riserve personali per far fronte ai costi e, in alcuni casi, hanno anticipato stipendi e cassa integrazione ai propri collaboratori.
Ma oggi i segnali di preoccupazione ed esasperazione che ci provengono dagli associati, sono molti e si sta facendo sempre più strada la convinzione che ci sia un accanimento verso la categoria dei pubblici esercizi, così come non vi sono certezze circa la presunta diffusione del virus attraverso la frequentazione di bar e ristoranti.
Confcommercio e Confesercenti ritengono che, nel rispetto delle misure di sicurezza, bar e ristoranti non rappresentino fonte di diffusione del virus o certamente non lo siano in misura maggiore di altre situazioni.
E’ giunto il momento di riconsiderare i pubblici esercizi consentendo di catalogarli con modalità che permettano di esercitare il proprio lavoro in sicurezza ma con dignità e possibilità di programmazione.
Ecco allora che rilanciamo la nostra proposta di modifica a livello nazionale sui divieti per bar e ristoranti nelle zone arancioni e gialle.
Tale proposta è dettata dal fatto che, purtroppo, siamo anche consapevoli che, se la situazione non migliorerà (obiettivo auspicabile da tutti ma difficilmente raggiungibile in tempi brevi), è necessario garantire un minimo di operatività alla filiera dei pubblici esercizi con una differenziazione dei divieti previsti per bar e ristoranti in base alla colorazione delle Regioni.
In sostanza, oggi per i pubblici esercizi che si trovano in zona arancione o rossa non cambiano le regole, mentre sarebbero opportuni divieti graduali in base alla colorazione.
Ecco la nostra proposta:
- zona gialla (modifica): apertura tutti i giorni fino alle 21,30 (ovvero in tempo utile per rispettare il coprifuoco delle 22.00) con asporto fino alle 22.00 e delivery sempre;
- zona arancione (modifica): apertura fino alle 18.00, con asporto fino alle 22.00 e delivery sempre;
- zona rossa (come ora): chiusura totale, con asporto fino alle 22.00 e delivery sempre.
La proposta di apertura fino alle 21,30 in zona gialla permette alle imprese del settore di ripristinare una modalità che si avvicina alla normalità dopo mesi di agonia. Proponiamo di affiancare la proposta dall’obbligo di prenotazione del tavolo dalle ore 18.00 in avanti. Si mantiene il rispetto del coprifuoco delle 22.00.
La proposta di apertura fino alle 18.00 in zona arancione consentirebbe a tutti i pubblici esercizi di continuare l’attività, anche se in misura ridotta.
Tra l’altro, tale apertura in zona arancione sarebbe di supporto anche a coloro che lavorano consentendo loro di poter usufruire del pranzo, senza particolari problemi.
Fondamentale per Confcommercio e Confesercenti la gradualità delle restrizioni per i pubblici esercizi (come avviene per altre categorie) per poter dare un minimo di ossigeno alle nostre attività e consentire, seppur con enormi cali di fatturato, di poter restare sul mercato e continuare a lavorare.
Inoltre, proprio per rimarcare ancora di più questa nostra sensibilità verso la sicurezza dei cittadini e dei clienti proponiamo di istituire all’interno dei pubblici esercizi una nuova figura professionale con il compito di far rispettare al massimo livello i protocolli di sicurezza in materia di Covid-19.
Tale nuova figura, identificabile dai clienti, può essere resa visibile da un’apposita dicitura e può intervenire in tutti i momenti che si renderanno necessari per garantire sicurezza agli avventori. In particolare, questa nuova figura può controllare in tempo reale la distanza delle persone e soprattutto può far indossare la mascherina in tutti quei momenti non necessari all’assunzione del cibo e delle bevande.
Si tratta quindi di un rafforzamento ulteriore delle modalità di sicurezza attuate da parte degli imprenditori dei pubblici esercizi che lo ribadiamo, hanno messo e metteranno sempre al primo posto la salute dei cittadini.
Ci paiono queste proposte di buon senso per consentire ai pubblici esercizi di riaprire al più presto, oltreché ridare la dignità di poter lavorare, aspetto fondamentale per un imprenditore: se ciò non avverrà temiamo che nei prossimi mesi questa situazione porterà alla compromissione di migliaia di imprese, a rischio chiusura. Noi abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte, diciamolo pure abbiamo fatto tutto quello che ci è stato chiesto. Ora tocca al Governo, a tutte le Istituzioni e ai partiti fare la loro parte”.