Oggi il museo “Francesco Baracca” di Lugo ha ricevuto la visita di Maria del Rosario Ferrari Nicolay, nipote di Eduardo Alfredo Olivero, pilota aviatore di origine argentina, che fece parte della 91esima Squadriglia, la Squadriglia degli assi dove volava anche Francesco Baracca.
All’inizio del secolo scorso le famiglie di italiani emigrate all’estero mantenevano un fortissimo senso di appartenenza verso la patria. All’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale furono in molti i giovani che tornarono per combattere una guerra che vedevano come la naturale prosecuzione del Risorgimento. Eduardo Alfredo fu uno di loro e per tutta la vita si divise tra l’amore per il suo Paese d’origine e per quello d’adozione, l’Argentina. Nato a Tandil, nei pressi di Buenos Aires, il 2 novembre 1896 da una famiglia piemontese, conseguì il brevetto a Villa Lugano e venne volontariamente ad arruolarsi benché non avesse neanche mai visto l’Italia. Dopo aver prestato servizio alla 71esima Squadriglia, passò alla 91esima di Francesco Baracca immediatamente dopo Caporetto, portandosi dietro la sua insegna personale, un guidoncino con dipinta la testa di un indio sudamericano. Anche in questo reparto l’argentino ebbe modo di farsi stimare per il coraggio e la perizia con cui espletava i propri compiti. Al termine delle ostilità aveva compiuto in totale 635 voli di guerra, ottenendo una vittoria ufficialmente riconosciuta in combattimento aereo e meritando tre Medaglie d’argento al valor militare e una di bronzo.
Con la pace Olivero tornò a volare nel cielo australe osannato dalla stampa. Il 7 marzo 1920 durante una manovra acrobatica si ruppe il serbatoio del carburante, ma il pilota riuscì ad atterrare malgrado le terribili ustioni che ne segnarono poi per sempre il viso.
Appena ripresosi, rimase coinvolto in un incidente automobilistico che gli causò ulteriori gravi lesioni. Ormai cieco di un occhio, Olivero nascose la menomazione e affrontò indomito altre sfide, quali il raid New York-Buenos Aires compiuto nel 1926 su di un Siai S.59 battezzato “Buenos Aires”, in compagnia di Bernardo Duggan e del motorista Ernesto Campanelli. Sempre vicino all’aviazione anche con studi teorici, si adoperò al termine della Seconda guerra mondiale per assistere quegli aviatori e tecnici italiani che cercavano lavoro in America latina. Dopo un viaggio in Italia in cui oltre al Sommo pontefice incontrò vecchi compagni, Olivero si spense a Buenos Aires il 19 marzo 1966. (testo biografico a cura di Paolo Varriale)
Al museo Baracca, Maria del Rosario è stata accolta dall’assessora alla Cultura del Comune di Lugo Anna Giulia Gallegati, dal presidente dell’associazione “La Squadriglia del Grifo” Mauro Antonellini e dal custode del museo Golfredo Gasperini.
Particolarmente emozionante il momento in cui Maria ha toccato con mano lo Spad VII esposto al piano terra: l’aereo, originale dell’epoca, non solo rappresenta lo stesso modello su cui volò Baracca, ma è proprio l’esemplare su cui ha volato Eduardo Alfredo Olivero, come ricostruito grazie alla matricola del velivolo.