Importanza strategica della medicina territoriale e delle Case della Salute, dare risposte concrete ai bisogni delle persone senza usufruire dei servizi ospedalieri: questi alcuni degli obiettivi che l’Amministrazione comunale di Lugo continua a perseguire sul tema della sanità e dei presidi territoriali, soprattutto nelle frazioni. Mercoledì 3 febbraio il sindaco di Lugo Davide Ranalli e le assessore alle Politiche sanitarie Maria Pia Galletti e all’Integrazione socio-sanitaria Lucia Poletti hanno visitato, insieme alla presidente della consulta di Voltana-Chiesanuova-Ciribella Valeria Monti, la Casa della Salute di Voltana.
Nel corso dell’incontro il sindaco e le assessore hanno così visitato gli spazi della Casa della Salute e incontrato alcuni medici della locale Casa della Salute, ascoltando le necessità e le esperienze vissute dai medici di base nella frazione lughese. Nella Casa della Salute di Voltana operano al momento i dottori Andrea Nanni, Michelangelo Manolio Fabbri e Laura Bandini.
“La pandemia ha solo evidenziato una necessità da sempre esistita, ovvero l’importanza di investire sulla medicina territoriale, di una strutturata rete di medici di base e presidi sanitari – commentano Davide Ranalli, Maria Pia Galletti e Lucia Poletti -. Una necessità che abbiamo espresso anche nel documento della giunta ‘Il sistema socio e sanitario a Lugo all’epoca del Covid’, approvato nei mesi scorsi in Consiglio Comunale. In questi mesi abbiamo assistito a un’attività e a un lavoro encomiabile da parte dei medici di base, occorre dare loro tutti gli strumenti per operare al meglio, a maggior ragione in territori con un’alta presenza di anziani”.
Nel documento della giunta “Il sistema socio e sanitario a Lugo all’epoca del Covid” la giunta ha indicato la necessità di valorizzare la medicina territoriale, con l’importanza strategica delle Case della Salute: “le esperienze delle Case della Salute – si legge nel documento – nate in alcuni territori limitrofi hanno, tuttora, la prevalente funzione di assistere i pazienti con patologie croniche. Occorre rilanciare questo progetto attraverso una ridefinizione delle funzioni e una riorganizzazione delle strutture, con l’inserimento della figura degli infermieri di comunità e, soprattutto, la dotazione di tecnologie per la diagnostica di primissimo livello”.