Domenica 4 febbraio si celebra il World Cancer Day, Giornata Mondiale contro il Cancro: un appuntamento fondamentale per sensibilizzare la popolazione sulle rinnovate esigenze del paziente oncologico, sull’importanza del sostegno della ricerca e sulle pratiche di prevenzione da portare avanti quotidianamente per minimizzare il rischio di tumore. Ovviamente si tratta anche di una data spartiacque per fare il punto della situazione su questa importante battaglia sanitaria: se da una parte aumenta la sopravvivenza per quasi tutte le neoplasie, anche l’incidenza comunque a livello globale è data in aumento. Secondo i dati AIOM, AIRTUM e PASSI le nuove diagnosi tumore in Italia nel 2023 sono state circa 395000, 208000 negli uomini e 187000 nelle donne: 18000 casi in più rispetto al 2020. Un incremento tutto sommato preventivabile, tenuto in considerazione che la pandemia di Covid-19 ha avuto come ripercussione per un certo periodo la sospensione e lo slittamento dei programmi di screening, ma che comunque racconta un trend che non può lasciare insensibili.
L’aumento dei casi e della sopravvivenza dei pazienti oncologici rappresenta senza dubbio anche una sfida per il Sistema Sanitario:l’impatto di cure ed esami, somministrate a sempre più persone per sempre più anni, si fa sicuramente sentire sulle casse di quello che è giustamente considerato un patrimonio da difendere per tutta la nostra società affinché chiunque, a prescindere dall’ammontare del suo conto in banca, possa veder garantita la migliore assistenza. La sempre maggiore sensibilità intorno al tema della qualità di vita di chi è costretto a convivere con una patologia che prevede un percorso di cura comunque lungo e difficoltoso come il cancro apre poi ad una tematica di sostenibilità non solo per lo Stato in generale, ma anche per la singola famiglia colpita dalla malattia in particolare. «È stato pubblicato recentemente uno studio promosso, tra le altre realtà, dalla FAVO, Federazione delle Associazioni Italiane del Volontariato in Oncologia – spiega Fabrizio Miserocchi, Direttore Generale dell’Istituto Oncologico Romagnolo e Presidente IRST “Dino Amadori” IRCCS – che racconta delle difficoltà economiche che devono affrontare i pazienti: un carico aggiuntivo che grava su chi già ha avuto la sfortuna di incappare in una diagnosi tanto complicata. La ricerca ha evidenziato infatti come ogni malato oncologico sia costretto a spendere, di tasca propria, oltre 1.800 euro l’anno, cifra che serve per lo più a garantirsi una qualità di vita accettabile all’interno del suo percorso di cura».
Entrando nello specifico della ricerca scopriamo che il 51% degli intervistati ha evidenziato il problema degli esami diagnostici, che comportano un costo medio annuo di 260 euro. Il 45% ha segnalato il problema dei trasporti, che incidono per 360 euro annui. Il 30% circa lamenta di dover affrontare visite specialistiche post-diagnosi o dover ricorrere all’acquisto di farmaci non oncologici rispettivamente per un totale medio di 126 e 124 euro. La migrazione sanitaria, che comporta il trovarsi un alloggio a pagamento nei pressi della struttura a cui si accede per le cure, è citato come problema dal 27% del campione, impattando sulle tasche delle famiglie per circa 227 euro annui. Altre problematiche che emergono sono la consulenza nutrizionale (19%, 82 euro), l’utilizzo di protesi o parrucche oncologiche (18%, 122 euro) e l’assistenza domiciliare (6%, 84 euro).
«È un computo pesante, che permette anche di quantificare l’impatto concreto che il lavoro non solo nostro come Istituto Oncologico Romagnolo ma di tutte le realtà no-profit impegnate sul territorio esercita sulle vite delle persone – continua Fabrizio Miserocchi – venendo solo allo specifico dei servizi gratuiti che lo IOR garantisce, grazie all’impegno dei volontari-autisti ogni paziente oncologico in Romagna può risparmiare quei 360 euro che, in media, sborserebbe di tasca propria per raggiungere i luoghi di cura. Grazie al Progetto Margherita, un malato di cancro può evitare di spendere 122 euro l’anno per l’acquisto di parrucche oncologiche. I costi extra di una consulenza nutrizionale possono essere risparmiati grazie ai professionisti che lavorano al PRIME Center di San Cristoforo, che offre anche percorsi di medicina integrativa come ad esempio yoga, agopuntura e mindfulness a prezzi calmierati. Per riassumere, insomma, un paziente oncologico in Romagna che decida di affidarsi ai servizi gratuiti che non solo lo IOR ma tutto il mondo dell’associazionismo sul nostro territorio propone, può veder ridotta la spesa annua che una diagnosi di cancro gli impone da 1.800 a 900 euro. E tutti noi sappiamo quanto oggigiorno un risparmio di questo tipo possa fare la differenza. Se dunque i segnali che ci arrivano in questo periodo sulla salute del nostro sistema sanitario non sono incoraggianti, essi evidenziano anche come il ruolo del volontariato sarà sempre più centrale per difendere la qualità della nostra assistenza. Una diagnosi di cancro non è una colpa: è nostro dovere fare in modo di limitarne il più possibile l’impatto su coloro che ne vengono colpiti».
Venendo allo specifico dei singoli servizi offerti dallo IOR, sono state circa 350 le pazienti oncologiche che nel 2023 hanno fatto richiesta di una parrucca oncologica gratuita per affrontare il momento più delicato delle terapie, ovvero la caduta dei capelli, mentre 48 hanno fatto ricorso ai laboratori di make-up proposti da estetiste professioniste denominati “La Forza e il Sorriso”. Le operatrici socio-sanitarie della no-profit fondata nel 1979 dal prof. Dino Amadori hanno garantito assistenza a domicilio a 110 famiglie che affrontavano i momenti più critici del percorso di malattia di un loro caro: un totale dipiù di 3200 ore trascorse al letto di chi soffre. Per quanto riguarda i dati del servizio trasporto, invece, a causa dell’alluvione il computo è al momento ancora fermo al 2022, quando furono quasi 600 i pazienti che usufruirono di un “passaggio” dagli autisti-volontari: un totale di circa 200000 chilometri percorsi su 4000 viaggi garantiti. «Su quest’ultimo dato ci aspettiamo un probabile incremento proprio in virtù della emergenza che tutta la Romagna si è trovata a vivere a maggio. Il fango, purtroppo, non ha guardato in faccia nessuno, non risparmiando le vetture di chi aveva bisogno di recarsi in ospedale per sottoporsi alle terapie: per far fronte alle esigenze abbiamo dovuto aumentare la nostra “flotta” e chiedere uno sforzo aggiuntivo ai nostri volontari, che si sono comportati in maniera encomiabile trasportando i malati presso i luoghi di cura nonostante l’enorme caos che si viveva in quel periodo», conclude sempre Miserocchi. Insomma, la salute della lotta contro il cancro su un dato territorio viene raccontata non solo dall’eccellenza che i professionisti di cura offrono, dai tassi di sopravvivenza che per certi tumori, come quello alla mammella, sono oramai giunti al 90% o dalla qualità dei macchinari su cui può contare un ospedale: e se nessuno che riceva una diagnosi di tumore può comunque definirsi “fortunato”, la Romagna si conferma un territorio in cui il malato oncologico non viene lasciato indietro.