Nell’ambito di un progetto ministeriale, il Liceo Scientifico “Alfredo Oriani di Ravenna”, sta realizzando un percorso di approfondimento sulle attività biomediche al fine di fornire agli studenti una informazione utile alle future scelte di vita.
In questo ambito la Direzione del Liceo Scientifico unitamente all’Istituto Oncologico Romagnolo organizzeranno per oggi martedì 26 febbraio 2019, a partire dalle ore 15.30, nella sala delle assemblee in via Cesare Battisti 2 a Ravenna, un incontro con il Prof. Dino Amadori, Presidente IOR e Direttore Scientifico Emerito IRST IRCCS di Meldola.
L’evento sarà l’occasione per presentare il libro “Anima e coraggio” che racconta la vita professionale e di ricercatore del Prof. Amadori, e raccontare agli studenti i valori della professione medica ed i meriti della ricerca scientifica. D’altronde, più volte nel corso degli incontri tenuti in tutta la Romagna il Presidente IOR si è rivolto alle giovani generazioni, auspicando «un nuovo Rinascimento italiano che deve partire dagli studenti: non è stato facile, nella mia vita sono stato spesso ospite o comunque lontano dalla mia famiglia, ma in questo modo ho potuto dimostrare che se una persona ha un sogno e crede in quel sogno, non servono conoscenze o raccomandazioni: serve solo spirito di sacrificio.».
«Il titolo rispecchia le caratteristiche che si devono avere quando si intraprende una lotta contro quella che ritengo possa essere definita come la malattia più grave che l’umanità abbia dovuto affrontare e che dovrà affrontare – prosegue – ci vuole coraggio, perché non è detto che questa lotta porti a grandi soddisfazioni, e ci vuole anima perché si tratta di condividere coi pazienti dei problemi molto rilevanti e toccanti emotivamente. Mia madre mi chiedeva sempre cosa volessi fare da grande: io le rispondevo che volevo fare il papa, perché ascoltavo alla radio i suoi messaggi e mi sembrava avesse sempre molto da dire. Ma lei, che era una cattolica anti-clericale, mi diceva che i papi erano tutti vecchi e, una volta eletti, poi morivano presto. Così mi focalizzai su ‘quel brutto male lì’: sì, perché nel nostro paesino si faceva menzione di altre patologie mortali, quali l’infarto, ma il cancro si aveva paura persino di nominarlo, sia quando qualcuno si ammalava, sia quando ne moriva. Era come un lutto pre e post mortem.».