Lo scorso giovedì 3 ottobre, alle 20.30, presso la Sala Buzzi di Ravenna, ha avuto luogo un incontro sull’importanza della lingua dei segni italiana (Lis) in riferimento al progetto “Impariamo a comunicare con le Persone Sorde”.
L’incontro è stato coordinato dal relatore Marian Manea, coadiuvato dall’interprete Lydia Josephine Noce, nel corso del quale si è sostenuta l’importanza della lingua dei segni, quale strumento essenziale per abbattere le “barriere comunicative”.
La LIS non è una forma abbreviata di italiano, ma una lingua con proprie regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali,che si è evoluta naturalmente, come tutte le lingue, ma che a differenza delle altre, si articola in una struttura molto diversa, che utilizza sia componenti manuali, quali ad esempio la configurazione, la posizione, il movimento delle mani, che non-manuali, quali l’espressione facciale, la postura, ecc.
È, dunque, facilmente comprensibile come quello del linguaggio dei segni, sia basato su meccanismi di dinamica evolutiva e di variazione nello spazio, costituendo per l’appunto un importante veicolo di trasmissione culturale. È una lingua che viaggia sul canale visivo-gestuale, che consente alle persone non udenti pari opportunità di accesso alla comunicazione, rispetto ai cosiddetti “normodotati”.
Non si è in grado di stabilire con precisione quando abbia avuto origine la lingua Lis, ma si può affermare con certezza che esiste la da quando è sorta la prima comunicazione umana; linguisti e ricercatori sostengono infatti che testimonianze lingue segnate erano presenti già nelle antiche civiltà in Cina, India, Mesopotamia, Egitto, Maya.
In alcune comunità, a causa di una forte presenza di persone sorde, la lingua dei segni è stata la modalità di comunicazione primaria.
Così come avviene per le lingue vocali ogni comunità ha la propria lingua dei segni. Ad esempio, in Italia troviamo la Lingua dei Segni Italiana (LIS), negli USA l’American Sign Language (ASL), in Gran Bretagna il British Sign Language (BSL), etc., ciascuna ha delle proprie specifiche varianti territoriali ed un forte legame con le rispettive culture di appartenenza.
La LIS, come le altre lingue dei segni nel mondo, è una lingua ricca ed autonoma, con un lessico in costante evoluzione e regole che consentono di “segnare” qualsiasi argomento, dal più concreto al più astratto.
L’alfabeto manuale, o dattilologia, è la rappresentazione manuale delle lettere utilizzate nella scrittura. Generalmente questo viene utilizzato per “scrivere nello spazio” parole della lingua parlata o scritta, ad esempio per vocaboli stranieri, nomi (di città, di persone,…) o termini che non possiedono un corrispettivo in segni.
È assolutamente importante insegnare sin dalla prima infanzia ai bambini nati sordi o con una sordità acquisita nei primi anni di vita, la lingua parlata e scritta è un processo complesso che richiede anni di terapia logopedica, oltre ad una precoce protesizzazione e ad un lungo e faticoso percorso educativo, per il bimbo e per la sua famiglia.
Il non saper riuscire a sentire i suoni, soprattutto le frequenze su cui viaggia il linguaggio parlato, è un ostacolo per l’acquisizione spontanea della lingua vocale, così come avviene nel bambino udente, che al contrario impara a parlare in modo naturale e spontaneo.
È, peraltro, scientificamente dimostrano, come il successo scolastico sia maggiore nei ragazzi sordi che acquisiscono la lingua dei segni come prima lingua. Per il bambino sordo, infatti, è fondamentale innanzitutto far propri gli strumenti della comunicazione, per garantire il suo sereno e completo sviluppo socio-affettivo e cognitivo. La lingua dei segni permette al bambino di acquisire rapidamente e naturalmente una lingua con la quale comunicare con l’ambiente che lo circonda, a partire dai genitori, essendo strumento primario di apprendimento di contenuti.
Per anni si è commesso l’errore di mettere in antitesi la lingua parlata e la lingua dei segni.