Oggi è tornata nel porto di Ravenna la nave Life Support di Emergency. Per qualcuno è un taxi del mare e su questo teorema si sono imbastite indagini e processi finiti nel nulla. Per qualcun altro è la differenza tra la vita e la morte. Ad esempio per le 71 persone sbarcate oggi che erano state salvate nella notte di sabato scorso proprio dalla Life Support. «Abbiamo ricevuto la segnalazione di Alarm Phone di una barca in difficoltà a circa 30 miglia di distanza da noi – ha dichiarato Domenico Pugliese, comandante della Life Support di EMERGENCY -. A causa del buio abbiamo impiegato circa tre ore per individuarla e a raggiungerla. Abbiamo subito iniziato le operazioni di soccorso. Le persone navigavano su un’imbarcazione di legno bianca, con motore non funzionante, che era pericolosamente sbilanciata da un lato». La nave di EMERGENCY effettua missioni nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo, dal dicembre 2022. In diciassette missioni, ha salvato 1.342 persone. Praticamente dallo stesso periodo Ravenna è entrata nel numero dei porti che vengono indicati come destinazioni sicure per l’approdo delle navi di salvataggio. Quello di oggi è stata la nona volta in cui sono state sbarcate le persone salvate per un numero complessivo di 939 persone. Nel frattempo, in dieci anni, tra il 2014 e il 2024, il progetto Missing Migrants ha censito come scomparse lungo la stessa rotta migratoria circa 30mila persone. È morto in mare un numero grande quanto quello dei palestinesi uccisi a Gaza dopo il 7 ottobre dall’Esercito Israeliano.

Dopo il soccorso la Life Support ha ricevuto segnalazione di un’altra imbarcazione da parte del MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) italiano. Nonostante l’imbarcazione fosse segnalata a poche miglia di distanza, la ricerca ha avuto esito negativo. La Life Support ha chiesto di poter prolungare le ricerche ricevendo risposta negativa e l’indicazione di procedere verso Ravenna, a quattro giorni di navigazione. Periodo a cui va aggiunto l’ulteriore giorno del viaggio sul barcone in balia delle onde (i naufraghi erano partiti la sera precedente dalla città libica di Tajura, a una dozzina di chilometri da Tripoli). E quelli dei singoli viaggi che le singole persone salvate avevano a loro volta compiuto prima di imbarcarsi: la maggior parte, infatti, arriva dal Bangladesh, 9 sono eritrei e vi è anche un egiziano. E non è che la provenienza dall’Egitto renda la traversata un viaggio di piacere. La testimonianza di un egiziano salvato dalla Life Support è esplicita in questo senso:

«Nel mio Paese non c’è nessuna libertà di espressione. Ho passato più di sei anni in prigione per aver criticato il governo su Facebook. Per sopravvivere la mia famiglia ha dovuto spendere tutti i risparmi, abbiamo anche dovuto vendere il nostro negozio. Tutto costa molto di più rispetto a pochi anni fa, non c’è lavoro, ero rovinato. Ho tre figli da mantenere: per questo ho preso la decisione di partire. “O muoio o arrivo in Italia”, mi dicevo. In Egitto ero già morto. Ho dovuto prendere in prestito da mio padre i soldi per partire, erano i suoi ultimi risparmi… Ho detto ai miei figli che avrei preso un traghetto, altrimenti sarebbero stati troppo in ansia. Sono stato in mare tante volte, sono a mio agio in acqua, ma la nostra barca faceva come una montagna russa, entrava acqua da tutte le parti, sembrava potesse girarsi da un momento all’altro, Ho avuto paura per tutto il tempo. Ma una volta a terra, potrò finalmente dire ai miei figli che ero pronto a sacrificare tutto pur di dar loro una possibilità di avere una vita migliore».

In un’intervista rilasciata a bordo e mandata in onda dalla RAI l’unica donna del gruppo eritreo, giovanissima, quella che ha guidato muovendo una torcia il salvataggio di Emergency, ha raccontato che l’altra imbarcazione gemella (cercata dalla Life Support senza esito), con altrettante persone, è sparita. Lei era rimasta bloccata tre anni in Libia dagli aguzzini che trafficano con gli esseri umani in quel Paese. Non ha voluto descrivere cosa le sia accaduto durante tutto quel tempo. Sarebbero questi i “viaggi organizzati” dei “taxi del mare”? Ravenna in Comune lo ha già detto: «Chi migra non è un criminale ma una vittima, una persona generalmente ingannata, derubata e violata. Ravenna in Comune è solidale con tutte le vittime, attualmente trattenute contro la loro volontà nei Paesi europei e non, che vorrebbero raggiungere la destinazione del loro viaggio. Salutiamo con affetto quanti sono riusciti a rientrare nel loro Paese di provenienza dopo essersi affrancati da chi aveva approfittato della loro necessità di migrare. Piangiamo assieme alle loro famiglie quanti sono ancora in prigionia o stanno subendo le sofferenze del lungo viaggio o hanno visto la loro vita spegnersi in una delle tappe divenuta meta finale. Siamo felici che siano giunti dove volevano coloro che volevano arrivarci». Certo sono criminali i trafficanti che fanno soldi sui migranti. Con la complicità dei governanti che rendono questo business attrattivo.

Al Sindaco, sempre pronto (giustamente) a ricordare le mancanze di questo Governo, ma non altrettanto pronto a rammentare le mancanze di quelli che lo hanno preceduto (anche perché in maggioranza vi era il suo Partito), torniamo a segnalare l’impellenza di dare una stabile organizzazione all’accoglienza nel porto di Ravenna. Oggi la nave è stata destinata al molo crociere di Porto Corsini ed i migranti trasferiti in pullman al Pala de André prima degli ulteriori trasferimenti, sempre in pullman, in altre località della Regione. Ed è andata anche bene: spesso sono costretti ad altre migliaia di chilometri per raggiungere centri dell’Italia meridionale dove si sarebbe potuta far approdare la nave in prima battuta. Altre volte però, sempre a Ravenna, le navi hanno attraccato a banchine commerciali, sbarcando le persone come se fossero merci, tra sacconi e rinfuse. Altre volte ancora alla Fabbrica Vecchia. Ed i controlli medici sono avvenuti un po’ qua e un po’ là. Oltre al Pala de André, il circolo Canottieri sulla Standiana! In altre occasioni si è invece utilizzata direttamente la banchina passeggeri. Ed anche i trasporti vedono utilizzare a volte i mezzi della Croce Rossa ed altri, come in questo caso, dei pullman.

Non vorremmo trovarci a rendicontare il decimo arrivo ripetendo la stessa cosa: è tempo che Ravenna si strutturi per una gestione organizzata che non debba far punto a capo ogni volta. La riduzione, per quanto possibile, di quello che è già un fardello pesantissimo per chi sbarca, dovrebbe essere il primo pensiero dell’Amministrazione che proprio il sovrappiù di sofferenze imputa (lo ripetiamo, giustamente) al Governo. Alle nuove arrivate e ai nuovi arrivati Ravenna in Comune rivolge un sincero “Benvenute e benvenuti a Ravenna”.”

  

Ravenna in Comune