Publichiamo la lettera aperta arrivata in redazione dal Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Ecco il testo completo: 

“Iniziati i lavori del gasdotto della Linea Adriatica nella totale mancanza di informazioni.

Bisogna stabilire una moratoria e rivedere le autorizzazioni

Lettera aperta

Gent. Sindaca del Comune di Russi, Valentina Palli

Gent. Sindaco del Comune di Ravenna, dott. Michele De Pascale

e p.c.

Gent. Presidente del Consiglio Territoriale Area 7 di Ravenna, Susanna Tassinari

Gent. Presidente del Consiglio Territoriale Area 8 di Ravenna, Nicola Staloni

Gent. Presidente del Consiglio di Zona di San Pancrazio, Aldo Argelli

Nei giorni scorsi, alle porte dell’abitato della frazione di San Pancrazio, nel Comune di Russi, in prossimità della biforcazione fra Via Santa Caterina e Via Barlete, su terreno agricolo, sono iniziati i lavori di realizzazione di un cantiere, con delimitazione di un’area di diversi ettari occupante tutto lo spazio fra la strada carrabile e l’argine sinistro del Fiume Montone, e sono stati depositati materiali ad uso del cantiere stesso. La mattina di giovedi 23 maggio è comparso un cartello esplicativo (per altro molto lontano dal ciglio della strada e in caratteri piccolissimi, tali da non rendere leggibile gran parte del contenuto), dal quale si evince che si tratta dei lavori per la costruzione della rete SNAM, lotto Sestino-Minerbio, quindi il tratto nord del gasdotto “Linea Adriatica”.

Altre opere di perimetrazione tramite picchettatura, anche se meno visibili e prive di qualsivoglia insegna descrittiva, sono rintracciabili, secondo una direttrice perfettamente in continuità con il cantiere sopra descritto, nei campi coltivati a destra del fiume Montone, in direzione dell’abitato di Roncalceci, raggiungibili da Via Ragone, all’altezza del civico 34.

Non vi è dubbio pertanto che stiano partendo i lavori di costruzione di un’ opera, sulla quale come Coordinamento “Per il Clima – Fuori dal Fossile” abbiamo reiteratamente chiesto –  tramite i mezzi d’informazione – che si dessero risposte a numerosi interrogativi, senza per altro ricevere risposta alcuna.

In una seduta di alcuni mesi fa, il Consiglio Comunale di Ravenna aveva sostanzialmente e acriticamente ratificato la realizzazione del gasdotto “Linea Adriatica”, votando il punto denominato “Ottimizzazioni metanodotto Sestino – Minerbio (…), tratto ricadente nel Comune di Ravenna”.

Da sempre cerchiamo di sostenere che non si tratta affatto di prevedere alcune minime migliorie e proporre alcune raccomandazioni: Bisognerebbe avere il coraggio di rimettere in discussione l’intero progetto.

Innanzi tutto tale opera nel tratto sud è oggetto di contestazioni civili e legali da parte della popolazione e anche di diverse istituzioni, e a tutt’oggi i lavori sono fermi a Sulmona, ove viene messa in dubbio la stessa legittimità del cantiere di costruzione della Centrale di Compressione, che insiste in un territorio di notevolissimo pregio naturalistico ed archeologico, nonché ad alto rischio sismico.

Per cui può ancora accadere che i lavori nel tratto sud vengano bloccati. A quel punto non si capisce che senso abbia iniziare le opere di costruzione in un territorio (il nostro) centinaia di chilometri più a nord.

Come detto in numerosi nostri interventi a mezzo stampa, e come ripreso anche da un’interrogazione in Consiglio Regionale, alcuni mesi fa il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), associazione che si occupa costantemente degli aspetti legali nelle criticità ambientali, aveva inviato un’ istanza al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e al Ministero della Cultura per sollecitare un provvedimento che dichiari la perdita di efficacia dei decreti che hanno dato giudizio positivo al progetto di gasdotto “Rete Adriatica”.

Anche se i decreti ministeriale  su cui il GrIG concentrava la propria attenzione, interessano prevalentemente  il tronco Foligno-Sestino,  e quello Sulmona-Foligno, è evidente che  il tema riguarda tutto il tracciato della Linea Adriatica, e quindi anche il lunghissimo tratto che partendo da Sestino (in Provincia di Arezzo) dovrà attraversare amplissime aree della Romagna e del territorio ravennate, interessando i Comuni di Ravenna, Russi, Alfonsine e Bagnacavallo.

I decreti autorizzativi sono vecchi di molti anni, mentre la più recente giurisprudenza afferma che i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) debbano avere durata quinquennale, anche se emanati prima della riforma del Codice dell’ambiente del 2008, come nei casi in argomento. Le autorizzazioni a suo tempo emesse, a nostro avviso (e non solo) vanno considerate scadute. Tanto è vero che, in risposta all’interrogazione in Consiglio Regionale  di cui sopra, il sottosegretario alla Presidenza ha affermato che si sarebbe dovuta coinvolgere la Conferenza Stato Regioni per una rivalutazione d’insieme della questione.

Il progetto di gasdotto Rete Adriatica  è il ben noto “gasdotto dei terremoti”, visto che il tracciato prescelto riesce, oltre che a provocare un immane scempio ambientale sull’Appennino, a interessare buona parte delle zone a maggiore rischio sismico  a livello europeo.

E’ un’opera che ha caratteristiche pesantemente impattanti: una lunghezza complessiva di km. 687 (con tubazione di diametro di un metro e venti, a cinque metri di profondità, che decorre in uno spazio di una larghezza di 40 metri, quanto un’autostrada), attraversa dieci Regioni, interessa aree di rilevante importanza naturalistica, fra cui tre parchi nazionali, un parco naturale regionale, ventuno siti di importanza comunitaria, ed anche aree a alto rischio sismico e idrogeologico. Dopo l’alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Comporterà sia l’abbattimento di svariati milioni di alberi che emissioni climalteranti elevatissime per la sua realizzazione.

Non è stato effettuato un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale come richiesto da normativa e giurisprudenza comunitaria, né una procedura di valutazione ambientale strategica.

Bisogna poi parlare del costo dell’opera, stimato ormai in ben 2,4 miliardi di euro, e del fatto che (lo ammette lo stesso Gruppo Snam) nel 2030 si avrà un consumo di circa 60 miliardi  di metri cubi di gas, e forse anche meno, visto che nell’anno passato il consumo ha di poco superato i sessanta miliardi ed è in costante calo, a fronte di una capacità complessiva, da parte delle infrastrutture già oggi esistenti, di 100 miliardi di metri cubi all’anno. Il che significa che saranno opere fortemente sottoutilizzate (e la loro costruzione grava sulle tasche degli Italiani), in presenza di rischi assai elevati anche dal punto di vista della sicurezza complessiva, come dimostrano per esempio il ben noto disastro occorso in un importante gasdotto iraniano e altri episodi nel tempo.

Pertanto, è convinzione nostra e di tanti esponenti del mondo scientifico e giuridico che chiedere che vengano riviste le procedure autorizzative sia un atto di puro e semplice buon senso.

Tutte le Istituzioni interessate dovrebbero fare propria questa richiesta. Parlare di “ottimizzazioni”, riferendosi alla tutela di alcune piante monumentali e a minime deviazioni, ha il sapore della beffa vera e propria. E se poi – come si sente dire – si proporranno eventuali “compensazioni” sarà l’ammissione di tutte le criticità che l’opera comporta e della volontà di non volerle contrastare.

Per quanto riguarda i lavori attualmente in via di cantierizzazione, facciamo notare che di qui a poco quell’area sarà fortemente appesantita dalla chiusura del ponte sul fiume Montone fra San Pancrazio e Ragone, per rifacimento della struttura, da gran tempo prevista e annunciata, ma a tutt’oggi non ancora avviata. Il periodo di inutilizzabilità del ponte comporterà uno stravolgimento del traffico locale, con moltiplicazione del numero di veicoli circolanti, per diversi mesi. Aggiungere  a tale forte stato di disagio i lavori di un cantiere, che comporterà anch’esso diversi mesi di lavoro e traffico di mezzi pesanti, rischia di trasformare la vita della zona, abitualmente tranquilla;  in un vero e proprio inferno, fra l’altro in un periodo in cui si svolgono lavori agricoli importanti.

Chiediamo quindi di sapere:

  • Se le pratiche amministrative-autorizzative da parte dei Comuni e di ogni altra istituzione coinvolta, ivi comprese la Regione Emilia Romagna e l’Autorità di Bacino, in quanto referenti per la gestione degli ambiti fluviali, siano state espletate correttamente in ogni loro parte
  • Se SNAM abbia comunicato ai Comuni con almeno trenta giorni di anticipo, come previsto per legge, l’avvio del cantiere; e in caso negativo, se vi sia consapevolezza che la mancata opposizione costituisca sostegno ad un’azione illegale.
  • Se si sia presa in considerazione l’ipotesi, più volte ritenuta necessaria dai comitati della cittadinanza attiva e da esperti dell’ambito giuridico, di adire ad una nuova Valutazione di Impatto Ambientale unica per l’intera opera, visto che gli atti autorizzativi a suo tempo emessi risalgono a molti anni addietro e nel frattempo sono emersi elementi nuovi e massimamente importanti sia dal punto di vista idrogeologico, che economico-energetico, che ecologico.
  • Se siano state già espletate le pratiche di indennizzo/esproprio ai titolari delle proprietà interessate, o se siano state concordate servitù. E in tali casi, visto che l’opera impatta gravemente e in vari modi l’ambiente per una superficie ben più vasta di quella di pertinenza di alcuni proprietari, per quale motivo non si sia avviata una capillare e dettagliata opera d’informazione delle popolazioni.
  • Se in particolare, non si ritenga fondamentale rendere edotta la cittadinanza, con particolare riferimento alle abitazioni prossime al tracciato, dei rischi che l’opera comporta (sono noti episodi di esplosione e di incendio di gasdotti ed altre opere metanifere) e quali piani di evacuazione siano stati predisposti e comunicati.

Per parte nostra non possiamo che sottolineare, ancora una volta, come Ravenna e i Comuni limitrofi siano un territorio già fortemente provato dalla presenza soffocante delle strutture metanifere. Fra l’altro, come la popolazione ben ricorda, era stato  ampiamente sbandierato che l’arrivo del rigassificatore avrebbe comportato l’indipendenza dai gasdotti provenienti dall’estero, e quindi – implicitamente – si era sostenuta l’inutilità di costruirne di nuovi.

Secondo noi, purtroppo, a Ravenna, e nella Regione, le Istituzioni evidentemente stanno dando carta bianca ai colossi del gas e dell’universo estrattivista. Dobbiamo constatare che del nostro territorio si vuole fare una vera e propria ZONA DI SACRIFICIO in favore del solo profitto del mondo estrattivista.

Per tutte queste ragioni chiediamo esplicitamente alla Sindaca di Russi, al  Sindaco di Ravenna, agli Assessorati competenti, alla Regione Emilia Romagna e al Governo Nazionale, di rendersi disponibili ad approfondire il discorso, pronunciarsi per la revisione degli iter autorizzativi, e intanto stabilire una moratoria, anche alla luce del quadro energetico complessivo in via di profonda trasformazione. E nel frattempo si agisca per favorire realmente la riconversione ecologica.

In ogni caso, si provveda ad un’adeguata informazione e a un reale coinvolgimento delle popolazioni interessate.

Attendiamo dalle SS.LL un rapido riscontro, non solo e non tanto a noi, ma al popolo che amministrate.”

 

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”