Aumenti della bolletta energetica fino al 400%, alcuni tipi di materie prime totalmente scomparse dal mercato, costi del trasporto alle stelle, rischio di interruzione delle attività produttive: sono alcuni delle segnalazioni che Legacoop Romagna ha raccolto in questi giorni durante un primo monitoraggio degli effetti della guerra e delle sanzioni sulle cooperative associate. Legacoop Romagna rappresenta circa 380 imprese associate nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, con un valore della produzione di oltre 6 miliardi di euro, 80 mila soci e oltre 23mila lavoratori.
«C’è una preoccupazione estesa a tutti i settori — dice il presidente Mario Mazzotti —, dalle cooperative ci segnalano problematiche molto varie, ma il tema sentito da tutti è l’incremento dei costi energetici. Ad esempio Fruttagel è passata da un costo dell’energia nel 2020 di 6 milioni di euro a una stima delle quotazioni di 24 milioni di euro per il 2022. Nelle situazioni migliori i costi per elettricità e gas raddoppiano. Fanno eccezione quei pochi che, negli anni scorsi, sono riusciti ad avere dei contratti a medio periodo, con costi fissi più bassi».
Qual è la situazione per le materie prime? «Già non si trova l’olio di girasole, particolarmente utilizzato dall’industria alimentare. Questo ha portato importanti cooperative come Deco Industrie a riattivare la fornitura di olio di palma, il cui prezzo è più che triplicato, con tutto quello che comporta dal punto di vista del riadeguamento degli impianti. Un ulteriore tema riguarda i fertilizzanti e produzioni indispensabili per molti settori come l’ammoniaca e l’urea, anch’essi aumentati del 300% e comunque poco reperibili», spiega Mazzotti.
Le sanzioni stanno avendo effetti diretti? «Per quanto riguarda il vino, la cooperativa Cevico ci segnala l’interruzione di contratti importanti in Russia. Ma ci sono anche altri effetti meno noti — chiarisce Mazzotti —. Apofruit Italia ad esempio ci segnala che la Polonia ha reimmesso sul mercato europeo quote consistenti di mele destinate ai mercati orientali, con un conseguente crollo dei prezzi per le nostre produzioni».
C’è un rischio di sospensione delle attività? «L’energia non è l’unico problema. Le cooperative segnalano un forte incremento di costi relativo al packaging — in particolare carta e plastica — così come per altri prodotti come i metalli. Anche i cereali, grano e mais in primis, proseguono nella loro corsa al rialzo, iniziata già prima della guerra, per non parlare della logistica. La situazione dell’autotrasporto sta mettendo a rischio tutte le filiere. Con dinamiche di questo tipo il rischio di sospensione dell’attività è reale in diversi settori, perché i costi non possono essere scaricati per intero al consumatore e tanto meno all’interno delle filiere. Il comparto della pesca è già di fronte a questo tipo di scelte. Il combinato disposto di aumento dell’inflazione e calo dei consumi — che già la grande distribuzione organizzata segnala — rischia di pesare ulteriormente sui redditi più bassi e su un potere d’acquisto di salari e stipendi già in difficoltà».
Quali sono le vostre proposte? «Prima di tutto è necessario utilizzare al meglio le risorse pubbliche per sterilizzare il più possibile l’incremento dei costi energetici sulle produzioni, in particolare per tutto il settore dell’autotrasporto e della pesca. Serve la creazione di una regia unica dell’emergenza energetica, che non può che essere in capo al governo nazionale, modificando il piano energetico nazionale e realizzandone uno europeo. Ed è indispensabile intervenire con un piano economico e finanziario europeo sull’energia, possibilmente sull’esempio del Next Generation EU. Nel breve periodo occorre fare compiere un ulteriore salto agli investimenti per le rinnovabili, riattivare la produzione dai giacimenti nazionali di gas, pur sapendo che non sarà risolutiva, e definire una politica adeguata di stoccaggio delle riserve strategiche».
Occorre abbandonare la transizione energetica in atto? «Assolutamente no. Non bisogna abbandonare affatto la strada della sostenibilità ambientale e sociale. Scelte di corto respiro che riemergono nel dibattito, se accolte produrrebbero effetti devastanti quanto la guerra in atto. Su questo punto le scelte politiche devono essere molto chiare e coerenti, così come bisogna rimettere al centro dell’agenda politica la lotta contro le disuguaglianze sociali e politiche redistributive che sostengano il ceto medio e i redditi più bassi. In ogni caso la migliore risposta alle tensioni nei mercati e alla crisi energetica che viviamo è la Pace. L’Europa può e deve fare di più in questo senso, consapevole delle sue responsabilità e del rischio di quello che comporterà nel futuro una ulteriore linea di frattura».
Per quanto riguarda l’emergenza umanitaria cosa state facendo? «Legacoop Romagna ha già indirizzato alle cooperative una comunicazione per la raccolta di fondi da parte delle strutture nazionali e regionali. Partecipiamo con attenzione alle riunioni che si stanno effettuando in questi giorni nelle prefetture a livello di protezione civile, consapevoli che la solidarietà soprattutto in questi casi deve essere incoraggiata, ma anche bene organizzata».