I sindaci dei due Comuni, insieme al presidente provinciale di Anpi Renzo Savini e alle presidenti delle delegazioni Anpi di Alfonsine e Fusignano, Nicoletta Rambelli e Anna Ghetti, si ritroveranno al poderePalazzone, nelle campagne tra Fusignano e Alfonsine, per la partenza del corteo condeposizione delle corone al cippo commemorativo situato presso la Cab di Fusignano.
Saranno presenti il coro dei ragazzi e delle ragazze della scuola media di Fusignano e il gruppo vocale «Arcangelo Corelli».
Seguirà alle 12.30 un pranzo sociale, il cui ricavato sarà devoluto all’istituto comprensivo «Luigi Battaglia» di Fusignano (costo 18 euro, prenotazioni al 347 8661393, 338 2507471, 333 7839402).
Sempre nell’ambito delle commemorazioni per l’eccidio del Palazzone, il 23 aprile il Comune di Alfonsineterràil consueto ricordo delle vittime, al quale ogni anno partecipano anche i famigliari,con ritrovo alle 14.30 inpiazza Gramsci.
LA STORIA (da resistenzamappe.it)
Uno dei primi e principali scontri armati di pianura nella Bassa Romagna si ebbe all’alba del 23 aprile 1944 intorno ad alcune case coloniche, usate all’epoca come basi partigiane, nella campagna tra Fusignano e Alfonsine, nota come fondo San Tommaso.
Quell’ambiente coltivato a larga compreso tra il canale di Fusignano e lo scolo Arginello appariva infatti un luogo sicuro dove far riparare i primi nuclei di partigiani che di notte attentavano alle colonne di automezzi tedeschi in transito sulla statale 16 Adriatica.
Alcune iniziative precedenti organizzate durante le prime «giornate Gap» (momenti simultanei di sabotaggio promossi in ambito provinciale per intimidire gli occupanti) finirono per essere notati dai fascisti locali, che individuarono le case di latitanza usate dai partigiani.
Così, quando la sera del 22 aprile un gruppetto di prigionieri russi intenzionati a disertare fu accompagnato dai partigiani al podere Palazzone, partì una delazione che da Ravenna mobilitò verso la località Fiumazzo un vasto rastrellamento da parte di un centinaio di soldati tedeschi e alcune decine di fascisti, armati con mitragliatrici e mortai, che alle 5 del mattino circondarono le case del podere.
Partigiani e coloni, assediati e minacciati dal fuoco appiccato ai fienili, si difesero con le poche armi leggere per diverse ore; poi in tarda mattinata dovettero soccombere, lasciando sul terreno otto caduti. Il caposquadra Aurelio Tarroni, arrestato con alcuni documenti compromettenti addosso, fu a lungo torturato sul posto senza esito. Stremato e oramai incosciente fu trasportato a Ravenna insieme al colono Ettore Zalambani e allo slavo Reper Janez per essere fucilati poco dopo presso le mura del cimitero.
Alla sua eroica memoria fu concessa la Medaglia d’argento al valore militare e intitolato il distaccamento partigiano locale, che dopo pochi mesi sarebbe entrato a far parte della 28esima Brigata Gap di Ravenna.
Dopo l’eccidio, che in tutto costò 11 vittime tra i resistenti, le due fattorie coinvolte furono saccheggiate di ogni bene e date alle fiamme dai fascisti, insieme alle stalle e a tutte le vigne del campo.