Doveva essere una grande sorpresa, e grande sorpresa è stata: Laura Pausini e Biagio Antonacci, nonostante i numerosi impegni per l’imminente tour che li vedrà uniti sul palco, hanno voluto comunque essere presenti al Teatro Galli di Rimini in occasione della XXXII Giornata dei Volontari IOR, per festeggiare assieme ai 700 partecipanti i primi 40 anni dell’Istituto Oncologico Romagnolo. I due artisti hanno intrattenuto la platea suscitando applausi, risate ed emozioni.
«Sono romagnola ed orgogliosa di esserlo – ha spiegato Laura – sono sicura che le mie radici abbiano contribuito molto al mio successo. Ci tengo a dire che le vere stelle siete voi: tutti quelli che dedicano la propria vita agli altri possiedono una luce che gli altri non hanno. Chissà, magari un giorno scriveremo insieme a Biagio l’inno dell’Istituto Oncologico Romagnolo. Ammiro con tutto il cuore le persone come voi che donano il proprio tempo a chi soffre. Anch’io, come tanti, ho avuto problemi in famiglia e sono stata aiutata dal prof. Dino Amadori, cui mi lega una amicizia speciale. Da quando è nata mia figlia ho un’accortezza maggiore nel portare avanti misure di prevenzione a causa di vicissitudini personali che poi si sono risolte per il meglio: non manco mai di sensibilizzare i miei cari sull’importanza di queste pratiche. Noi cantanti scriviamo pezzi in primis per noi per rispondere alle nostre angosce ed esigenze – ha aggiunto Laura in risposta a una domanda giunta dalla platea dei volontari sull’importanza della musica quale veicolo di messaggi importanti di solidarietà – tuttavia è molto bello sapere che in quei versi qualcuno che soffre può trovare un sollievo, una comprensione, una carezza.».
Anche Biagio ha dato il suo contributo al tema: «So cosa vuol dire conoscere la speranza, aspettare una buona parola per andare avanti. Nel nostro piccolo speriamo di essere portatori di speranza tramite le nostre canzoni: d’altronde è questa la magia della musica, non sai a chi possa arrivare, ma sai che comunque a qualcuno arriverà sicuramente. Il fattore spirituale, nel combattere la malattia come in tutti i campi della vita, secondo me è importantissimo: e la musica in questo senso è un veicolo portentoso per raccontare anche la meraviglia di tutti quelli come voi che dedicano la propria vita agli altri. Il volontariato per me è un’esperienza incredibile, un esempio, per questo sono orgoglioso di essere qui con voi oggi.». Il cantautore ha poi approfondito il rapporto che lo lega alla nostra terra. «Sono molto legato alla Romagna, tanto è vero che pur non essendoci nato l’ho scelta come posto in cui vivere: amo la vostra capacità di accoglienza, che si esprime sempre con discrezione e rispetto della persona che viene da fuori. Nelle mie “incursioni” in questa terra ho avuto modo di conoscere non solo l’eccellenza dello IOR e dell’IRST, ma della persona che più di tutti ha contribuito a creare queste due bellissime realtà: il prof. Amadori, che stimo molto.».
Pieno di significati anche l’intervento del prof. Dino Amadori, presidente dello IOR: «Mentirei se dicessi che non sono emozionato a trovarmi su questo palcoscenico oggi, se non altro perché ho 40 anni in più di quelli che ne avevo quando abbiamo fondato l’Istituto Oncologico Romagnolo assieme agli altri 12 volenterosi pieni di entusiasmo che assieme a me ci hanno creduto in quel lontano giorno di luglio del 1979. Penso che una struttura come lo IOR sarebbe stata impossibile da creare in altre parti del mondo se non da noi: abbiamo un cuore grande, generoso, come dimostrato dai nostri volontari. Mai avrei immaginato che quella che era nata come una semplice cooperativa benefica potesse diventare un vero e proprio popolo, che non solo ha assorbito i valori che ci contraddistinguono ma che si è reso primo portavoce degli stessi. Perché è nato lo IOR? Il contesto quarant’anni fa era drammatico: solo il 40% dei pazienti sopravviveva ai 5 anni a fronte di una presa in carico molto deficitaria. Ci mettemmo così all’opera per introdurre il valore dell’assistenza oncologica e della ricerca nel nostro sistema. Ci ponemmo obiettivi ambiziosi, come il potenziamento tecnologico dei vari reparti; la creazione del Registro Tumori per capire meglio la situazione; e l’introduzione dell’assistenza domiciliare grazie alla nostra volontaria Graziella Solaroli. Dopodiché abbiamo introdotto il valore della ricerca, formando tanti professionisti tramite borse di studio anche all’estero e creando l’Istituto Tumori della Romagna a Meldola, da anni oramai al top per produzione scientifica in Italia. Grazie a tutto questo il nostro territorio è oggi l’area in cui si sopravvive di più in Italia e coi tassi più alti di tutta Europa e del mondo: ma non ci fermiamo qui, c’è ancora tanto da fare. L’obiettivo su cui continuerò a impegnarmi è la creazione di un Istituto di Ricovero e Cura Romagnolo, con sedi a Rimini, Ravenna, Meldola, Faenza: ciò che chiamo un Comprehensive Cancer Care and Research Network riconosciuto a livello europeo e che si prenda carico di tutto il percorso oncologico, dalla prevenzione alle cure palliative. Concludo con un piccolo appello: l’indifferenza è il grande male dei nostri tempi, occorre combattere il disinteresse con la solidarietà, quella di cui i volontari IOR si fanno portavoce ogni giorno. Solo così potremo sperare in un nuovo Umanesimo.».
Andrea Gnassi, il Sindaco di Rimini, ha fatto gli onori di casa ad inizio evento: «Grazie a tutti voi per essere qui oggi, in questo palcoscenico rinnovato. Quarant’anni descrivono una storia densa, importante: quando pensi all’Istituto Oncologico Romagnolo subito pensi alla cura, alla medicina, alla ricerca ma soprattutto alle persone. Lo IOR racconta una storia di coraggio e passione messi al servizio degli altri dai suoi tanti volontari. Viviamo in un tempo che propone scenari inediti, caratterizzati da grandi tecnologie che presuppongono velocità e cambiamenti mai visti in precedenza. Tutti noi abbiamo uno smartphone e siamo connessi alla rete: ma una cosa è la connessione, un’altra è la relazione. L’Istituto Oncologico Romagnolo ci racconta che la differenza tra le due è enorme. Stabilire una relazione con chi soffre significa guardare negli occhi le persone, tenerle per mano, accompagnarle nel loro percorso di cura: tutte cose che una connessione non può fare. Abbiamo bisogno di meno algoritmi e di più piazze dove stringere relazioni. Lo IOR da quarant’anni è una grande piazza di umanità, di persone per bene, di appropriatezza di cura. Complimenti quindi al prof. Amadori per la sua grande intuizione, e buon anniversario a tutti.»
Nel corso della giornata si sono succedute anche bellissime testimonianze dai protagonisti della lotta contro il cancro: dal prof. Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico IRST IRCCS, che ha fatto il punto riguardante gli studi sull’immunoterapia portati avanti nei laboratori di Meldola, a Silvia Graziani, paziente oncologica che grazie alla ricerca e a trattamenti innovativi ha potuto cronicizzare la propria malattia, un melanoma metastatico, continuando la sua vita di professionista e di mamma; da Susi Giunta, che ha portato l’esperienza di malattia del marito Mario, paziente che ha usufruito del servizio d’assistenza domiciliare gratuito portato avanti dai volontari dello IOR, alla piccola Nina, la “fundraiser” di 4 anni che con grande intraprendenza ha raccolto 57 euro a favore delle donne che lottano contro il cancro. Una splendida giornata insomma, tutta dedicata a quella che è la mission dello IOR, splendidamente riassunta nel motto “vicino a chi soffre, insieme a chi cura”.