Nella serata di martedì 21 giugno, la Regione Emilia-Romagna – per bocca dell’assessore all’Ambiente Irene Priolo, a seguito della riunione urgente della Cabina di regia per l’emergenza idrica – ha ufficialmente decretato lo stato di crisi regionale per le conseguenze della siccità prolungata, indicando come imminente da parte del presidente Bonaccini la richiesta dello stato di emergenza nazionale per assistere la popolazione e gli interventi urgenti.
Come è stato esplicitato dalle comunicazioni a livello regionale, l’aspetto più critico riguarda l’utilizzo della risorsa per uso irriguo agricolo; si è sottolineato viceversa che la situazione, pur complessa, al momento non è a livello tale da mettere in discussione l’approvvigionamento idropotabile.
Al riguardo, Romagna Acque conferma che anche nelle tre province romagnole la situazione della risorsa idropotabile non è critica, per quanto esistano zone che in prospettiva potrebbero registrare sofferenze.
La situazione di Ridracoli
La diga di Ridracoli registra al 20 giugno un livello di 28 milioni 200 mila metri cubi d’acqua (su un massimo possibile di 33 milioni). Un livello inferiore rispetto al 2022 (al 20 giugno era di 30 milioni 400 mila), ma molto maggiore rispetto ai più recenti anni critici: nel 2017 era di 25 milioni 100 mila, nel 2007 addirittura di 21 milioni 875 mila.
La soglia minima di prelievo (prevista attorno ai 5 milioni) è dunque ancora molto lontana, e lascia abbastanza tranquilli anche rispetto alle richieste idropotabili della riviera durante l’estate, che mediamente incidono per circa 15-18 milioni nel periodo compreso fra giugno e settembre.
Il riminese
A dare ulteriore apporto alla parte riminese della costa c’è anche la Diga del Conca, che oggi è quasi al colmo (1 milione 208 mila metri cubi su un totale di 1 milione 303 mila): l’impianto di prelievo e potabilizzazione sta per entrare in produzione per contribuire a soddisfare le richieste estive.
Come noto, la risorsa idropotabile per il territorio riminese proviene in parte dalle fonti locali, ubicate sul territorio stesso, ed in parte dalla struttura dell’Acquedotto della Romagna (la rete che distribuisce l’acqua proveniente ds Ridracoli), con una proporzione variabile in funzione della disponibilità di acque superficiali veicolate dall’AdR e che in media annualmente si aggira sul 60% di fonti locali e 40% di AdR.
Nel corso dell’anno, per il soddisfacimento della domanda idrica è mediamente prevalente l’apporto dall’AdR in inverno mentre in estate divengono predominanti le fonti locali, costituite per la maggior parte da campi pozzi delle falde conoidi Marecchia (la più produttiva) e Conca e, in misura minore, dalle captazioni di subalveo e dall’invaso sul fiume Conca in Comune di San Giovanni in Marignano.
Al momento attuale, il territorio richiede una portata media sul giorno di 1440 litri/secondo che sono forniti per il 62% da fonti locali e 38% da AdR, come mediamente avviene in questo momento dell’anno.
Per quanto riguarda lo stato delle fonti locali, sulla conoide Marecchia il livello di falda misurato in località Sarzana di Rimini, in zona apicale e rappresentativa della conoide, è un paio di metri più basso della media degli ultimi anni e 6 metri più alto di giugno 2007, anno di severa crisi idrica.
Per la conoide Conca e torrenti minori, gli spessori e potenze delle singole falde sono molto più eterogenei ed al momento i livelli di quasi tutti i pozzi sono ancora alcuni metri sopra il minimo, mentre nel giugno 2007 quasi tutti i pozzi erano già fermi per livello minimo raggiunto.
Il forlivese
Al momento non si registrano particolari problematiche sul fronte della produzione degli impianti non interconnessi con l’acquedotto della Romagna: solo presso gli acquedotti di Lombardesca (Bagno di Romagna) e Vallicella (SantaSofia) è stato necessario il reintegro con autobotti a causa di anomali consumi nella rete.
Rimane comunque sempre alta l’attenzione per gli impianti di produzione a servizio degli abitati di Modigliana e Tredozio, di Balza e di Monteguidi e Montegranelli (nel comune di bagno di Romagna).
Per quanto riguarda gli impianti interconnessi al sistema dell’acquedotto della Romagna è previsto in questi giorni l’aumento delle produzioni di Montaspro, Pandolfa, Pozzi Cesena e Alberrazzo e l’attivazione dell’impianto di romiti al fine di sostenere l’aumento previsto dei consumi e l’eventuali riduzioni delle altre fonti locali. I livelli delle falde sotterranee misurati nelle settimane scorse non hanno rilevato particolari differenze rispetto ai dati storici.
Il ravennate
E’ la zona in prospettiva più critica. Buona parte della risorsa utilizzata durante l’estate in quel territorio proviene infatti dai due potabilizzatori situati nei pressi della città, il NIP1 delle Bassette e il recente NIP2 della Standiana. Quest’ultimo, in particolare, riceve acqua dal Po tramite il CER, Canale Emilia-Romagnolo: il cui utilizzo primario riguarda però l’agricoltura. Proprio la situazione siccitosa del Po (ben evidenziata dalla cabina di regia regionale) rischia di portare, nei prossimi giorni, ad una sostanziale chiusura dell’impianto ferrarese del Palantone, che fornisce l’acqua dal Po al CER: in quel caso, anche l’impianto della Standiana non riceverebbe più acqua.
In considerazione della probabile emanazione dello stato di emergenza idrica regionale, si confida che si possa continuare a prelevare in sicurezza la risorsa necessaria dal CER – attraverso il Po – per alimentare i due principali impianti di potabilizzazione dell’area ravennate; in caso contrario, sarà necessario riequilibrare diversamente le fonti di approvvigionamento del territorio ravennate.
Mentre segue con attenzione quotidiana l’evolversi della situazione, dunque, Romagna Acque si associa alla Regione nell’esortare la cittadinanza a non sprecare acqua, utilizzandola solo per esigenze necessarie (evitando, ad esempio, eccessivi lavaggi di auto).
“D’altro canto – sottolinea il presidente, Tonino Bernabè – questa ennesima estate siccitosa ci conferma da un lato la validità della scelta strategica fatta alcuni anni fa, quando decidemmo di realizzare il nuovo impianto della Standiana e di favorire una ulteriore integrazione fra le diverse fonti idropotabili, anche al fine di ridurre progressivamente il consumo da falda. Dall’altro lato, ci pare che l’ipotesi di aumentare la captazione di 15-20 milioni di metri cubi annui grazie a un nuovo invaso in Appennino che possa contenere questi volumi, con appositi studi già più volte presentati e discussi anche in ambito regionale, sia sempre più contingente e corroborata dagli eventi atmosferici in questa situazione ormai condizionata da evidenti cambiamenti climatici. La scelta di realizzare nuovi invasi – in sintonia con il documento firmato dai principali sindaci romagnoli alcune settimane fa a Rimini – potrebbe essere la soluzione più idonea e urgente per fare fronte ai fabbisogni, tenuto anche conto di come stanno cambiando i regimi idrologici dei nostri territori, con poche piogge e sempre più concentrate in periodi limitati. E la logica della differenziazione e dell’integrazione delle fonti rimane la risposta più adatta, anche per il futuro”.