Giovedì 28 marzo, alle ore 18.00, nella Pinacoteca comunale di Faenza (via Santa Maria dell’Angelo 9) si terrà una conferenza sulla “Piazza Imperiale di Faenza nell’età di Carlo II Manfredi”, organizzata dall’associazione Amici dell’Arte di Faenza.
Il relatore, Daniele Pascale Guidotti Magnani, descriverà la trasformazione urbana rinascimentale che portò nella piazza faentina le caratteristiche principali visibili ancora oggi, ovvero il portico a due livelli e la Basilica Cattedrale dai caratteri fiorentini.
Tra il 1468 e il 1477 il signore di Faenza Carlo II Manfredi avviò infatti, d’accordo con il fratello, il vescovo Federico, un profondo rinnovamento urbano della città.
La prima opera realizzata fu il portico a due livelli che dotò di una nuova facciata il suo palazzo di residenza (oggi sede del Palazzo comunale), di origini medievali.
Questa architettura sarebbe stata il preludio di un riordino generale della piazza principale della città, probabilmente allo scopo di ricreare un foro all’antica, come prescritto dai trattati di Vitruvio e di Alberti. L’aspetto originale del loggiato rinascimentale, desumibile da documentazione archivistica e iconografica, permette di attribuirlo con una certa probabilità a Giuliano da Maiano.
Oltre alla piazza, Carlo II Manfredi riformò profondamente il tessuto urbano, demolendo molti portici lignei di origine medievale, rettificando le principali strade, completando la cerchia muraria. Federico Manfredi, nel 1474, diede inizio alla fabbrica della Cattedrale, ricostruita dalle fondamenta su progetto dello stesso Giuliano da Maiano. L’architettura della chiesa ha uno stile largamente debitore all’architettura sacra di Brunelleschi, ma con significative differenze (come la navata definita da un’alternanza tra pilastri e colonne, o la copertura composta da volte a vela). L’abside della cattedrale, estranea al progetto maianesco, fu realizzata nel 1491-‘92 e mostra alcuni dettagli riconducibili alla coeva architettura di Bramante.
A Faenza si realizza così in un periodo di tempo brevissimo una profonda trasformazione del volto della città: loggiato, riforma della piazza, riordino delle strade, una nuova cattedrale. Tutto contribuisce a dare lustro ai Manfredi e a fare di Faenza una città moderna, in cui si mettono in pratica, forse per la prima volta nell’Italia settentrionale, i dettami di Vitruvio e di Alberti.
La conclusione dello studio di Daniele Pascale Guidotti Magnani dedicato alla Faenza del Rinascimento, e in particolare ai progetti e alle strategie di rinnovamento urbano nell’età di Carlo II Manfredi (1468-77), è che fondamentali per determinare l’operato dei due fratelli furono di sicuro le idee che ormai da qualche decennio circolavano per le corti italiane, per merito soprattutto di Alberti. Queste idee “propugnavano l’ordine e il decoro urbano come primo veicolo della volontà di rappresentazione personale del principe e della città”.
Loggiati nella piazza, rettificazione delle strade principali, abbattimento dei portici, una nuova grandiosa cattedrale, rinnovamenti di chiese e palazzi privati, “tutto – conclude lo studio di Daniele Pascale Guidotti Magnani – doveva contribuire a dimostrare che Faenza era una città aggiornata, moderna, ordinata, e che i suoi reggitori avevano una cultura antiquaria di primo livello, tale da metterli alla pari (almeno nelle intenzioni) con i maggiori potentati italiani”.